Di Admin (del 22/12/2009 @ 10:21:24, in Articoli, linkato 1869 volte)
Privatizzazione dell’acqua. Riccardo Realfonzo l’ha indicata come una causa delle dimissioni da assessore al Bilancio. Il suo impegno per l’acqua pubblica si è infranto contro le solite e stantie logiche di partito. Se le istituzioni vengono meno non resta che far risuonare nitida la volontà popolare.
Negli anni Settanta alcune importanti questioni civili divennero quesiti referendari e il popolo sovrano votò, ad esempio, a favore del divorzio. Oggi la maggioranza dei cittadini sa di non poter influire sugli atti legislativi posti in essere dalla classe politica. Vi è una diffusa rassegnazione che per beni primari come l’acqua deve essere accantonata senza esitazioni.
L’ultimo passo di un iter legislativo allarmante è il Decreto Ronchi del 19 novembre per il quale non sarà più possibile affidare i servizi pubblici locali ad imprese totalmente pubbliche, ma sarà d'obbligo indire gare o creare società miste pubblico private. Una legge che impatta su acqua, rifiuti e trasporti.
Il problema riguarda relativamente i comuni più efficienti, che potranno partecipare e vincere le gara d’appalto e continuare a gestire il servizio in proprio. Diverso il discorso per i comuni meno virtuosi, e sono tanti, che cederanno il passo a società private. Con prevedibile aumento dei costi, a fronte di un servizio non necessariamente migliore.
Comuni non all’altezza nell’erogazione del servizio, ancor meno lo saranno nel controllo di enti privati che operano per massimizzare i profitti. Chi ci garantirà, ad esempio, che la qualità dell’acqua non diventi scadente, favorendo in tal modo un sensibile incremento delle vendite di acque minerali prodotte da influenti multinazionali?
Sull’acqua dunque, è urgente intervenire, ma in direzione opposta a quanto fatto fino ad ora. I dirigenti locali inetti dovrebbero essere rimossi e sostituiti da persone capaci. Somme ingenti andrebbero investite su impianti e acquedotti che mostrano crepe paurose. Come si legge nel Censimento delle risorse idriche dell’Istat, nel 2008 in Italia per erogare 100 litri di acqua se ne devono prelevare ben 165, con una dispersione pari al 40%.
Occorre dunque rinnovare gli impianti, limitare i casi di prelievi non autorizzati, ridurre gli sprechi. Almeno sull’acqua, non facciamoci spogliare di ogni diritto, non deleghiamo il nostro futuro a persone non sempre all’altezza.
Di Admin (del 21/12/2009 @ 07:20:20, in Articoli, linkato 2014 volte)
È la parola del momento, le agenzie di stampa non parlano che di inciucio. In gergo politico il lemma ha assunto il significato di compromesso, di accordo sottobanco, e lascia intravedere un’intesa tra maggioranza e opposizione.
Di inciucio ha parlato Massimo D’Alema, fresco di bocciatura internazionale come Mister Pesc, infelice acronimo per Politica Estera e Sicurezza Comune. A conferma di una sintonia in atto, l’ex ministro degli Esteri è stato proposto dal Pdl come autorevole candidato alla commissione per i servizi segreti. D’Alema rivendica a sé capacità da timoniere navigato. Da vecchio lupo di mare che ha superato indenne mille tempeste, ritiene oggi cavalcabile l’onda dell’inciucio.
Due anni fa di fronte alle prove di dialogo fra Berlusconi e Veltroni, Panebianco si disse assai scettico e a proposito di inciucio sostenne un rapporto tra la decadenza politica di un paese e la volgarità e la sciatteria del suo linguaggio politico. Parole riproponibili ancor oggi a dimostrazione dell’immobilismo che permea la classe politica italiana.
Non vorrei apparire minuzioso, ma da partenopeo non posso non rimarcare l’uso improprio del termine. Inciucio, dalle nostre parti, indica il pettegolezzo, la maldicenza riferita alle spalle, e deriva dal ciùciù tipico di chi bisbiglia. Cosa diversa dal compromesso, o sempre per usare le parole del Massimo, dall’indecenza meno indecente. In questo caso risulta più appropriata la parola intrallazzo.
Di Admin (del 08/12/2009 @ 08:28:33, in Articoli, linkato 1732 volte)
L’Italia è una Repubblica fondata sul doppio lavoro. Così si potrebbe sintetizzare la vicenda di una dipendente pubblica che si prostituiva durante i periodi di assenza dal lavoro per malattia. La questione però non è così scontata. La prima anomalia è nel luogo di residenza della intraprendente quarantenne. Treviso. Per una volta il Sud fannullone è al riparo da accuse e banalità. Ad uscirne macchiata è l’immagine del Nord produttivo che si danna e va su e giù pur di raggiungere vette di efficienza. Tanto che il presidente della Provincia di Treviso, dopo aver garantito che la donna non rientra nei ranghi della sua amministrazione, ne ha chiesto l’immediato licenziamento. Gravi infatti i danni morali provocati da un’impiegata che non ha a cuore il lavoro di squadra.
Ma quali sono con precisione le mansioni assolte dalla donna nel pubblico impiego? Non certo il piacevole intrattenimento della clientela agli sportelli. Cosa che forse riempirebbe di gioia i pensionati trevigiani, ma influirebbe negativamente sul decoro delle istituzioni. E allora, è impossibile immaginare la donna impedita ad assolvere le sue funzioni professionali ma al contempo perfettamente in grado di dispensare dolci attimi di piacere? Se ogni influenza o laringite provocasse un’interruzione dei rapporti di coppia il mondo diverrebbe terribilmente noioso. La materia è scottante. Lasciamo che a discuterne siano giudici e avvocati.
Di Admin (del 07/12/2009 @ 22:23:13, in Articoli, linkato 1855 volte)
Era molto attesa la testimonianza del pentito di mafia Gaspare Spatuzza nel processo di appello per concorso in associazione mafiosa a carico del senatore Dell’Utri. A maggior ragione dopo il clamoroso fuorionda del Presidente della Camera Fini, che aveva definito una bomba atomica le rivelazioni del pentito.
Secondo Spatuzza all’inizio degli anni Novanta un patto indicibile avrebbe di fatto consegnato il paese nelle mani della mafia. Berlusconi e Dell’Utri avrebbero avallato un accordo con le potenti cosche mafiose. Impossibile entrare nel merito di queste affermazioni. Nella migliore delle ipotesi solo tra molti anni giungeremo a una verità storica. Le parole di Spatuzza potrebbero voler minare il governo e la sua efficace azione di contrasto alla mafia. Oppure rivelare un patto scellerato, magari violato in tempi recenti.
Quale che sia la verità, a Torino si discute del passato e ancor più del futuro della nazione. In un paese civile l’evento sarebbe stato seguito mediaticamente. E invece, ad offrire la diretta del processo è stata Radio Radicale, da decenni l’unica emittente ad offrire un autentico servizio pubblico.
La Rai ha ben altri eventi da raccontare. Il sorteggio dei mondiali in Sudafrica, per dirne uno. Cosa vuoi che ci importi delle stragi che insanguinarono il paese. A proposito, Lippi è stato fortunato e la nazionale affronterà nel proprio girone squadre alla sua portata. Forza Italia!
Di Admin (del 30/11/2009 @ 07:32:52, in Articoli, linkato 1917 volte)
Piazza dei Martiri, il salotto ingessato della città. La Feltrinelli è gremita come non mai. Non c’è spazio, fa caldo, ma a sciogliere l’anima è l’energia irradiata da una serata inusuale. Si presenta ‘La ferita’, antologia dedicata alla memoria delle vittime innocenti di camorra, curata dal regista teatrale Mario Gelardi. Amore mio ci hanno distrutto la vita. Giuseppe Miale di Mauro ha appena finito di leggere le parole scritte da Beatrice subito dopo la morte del marito, Raffaele Pastore, imprenditore assassinato per aver denunciato il racket. I due si abbracciano, e un’emozione sincera, mista a rabbia e indignazione, pervade la sala.
La ferita è un progetto nato a Ponticelli, sede di Ad est dell’equatore, giovane casa editrice. Nelle cronache Ponticelli non manca mai. Prima un agguato mortale in pieno giorno, poi il blitz dei carabinieri contro il clan locale dei Sarno, hanno riportato il quartiere orientale alla ribalta mediatica. Ma Ponticelli non è solo questo. In tanti ogni giorno combattono, spesso senza l’adeguato supporto delle istituzioni. E non è un caso che dalla provincia giunga la scossa alla stanca borghesia napoletana.
In una città chiusa in compartimenti stagni, e rosa da invidie e ipocrisie, una contaminazione genuina di generi e voci ha rapito la folla presente in libreria. Scrittori, musicisti, attori, magistrati e giornalisti, non hanno mai ceduto il passo alla retorica. La musica degli A67 ha avvolto la sala e Daniele Sanzone con grinta ha incalzato ‘Guagliò amma cagnà’. Ivan Castiglione ci ha riportato a Casal di Principe e al potente discorso che mutò radicalmente la vita di Saviano. Del contrasto alla camorra il magistrato Raffaele Cantone ha fatto una scelta di vita. Seguito come un’ombra e con palpabile affetto dagli uomini della sua scorta, ha ribadito il valore della memoria. E l’antologia ha impresso a fuoco questa missione.
Nei racconti è tornato il sorriso di Giancarlo Siani, sopravvissuto agli stupidi colpi della camorra, l’assurda morte di Antonio Landieri, colpevole di trovarsi nel posto giusto al momento sbagliato, la strage di sei africani responsabili unicamente del colore della propria pelle. Una serata che ci ha confermato di essere ostaggi nella nostra terra. Ma ha anche trasmesso la voglia di reagire e di non dimenticare chi ha regalato la vita per la propria e l’altrui dignità.
Di Admin (del 28/11/2009 @ 10:56:52, in Articoli, linkato 1875 volte)
Nella buona e nella cattiva sorte, nella ricchezza e nella povertà, finché morte non ci separi. Quante volte abbiamo sentito questa magica formula riecheggiare fra le navate di una Chiesa. E a queste frasi si rifà con assoluta fermezza una sessantenne romana, decisa a dividere la vincita milionaria al Superenalotto del marito. Nulla di strano, se non fosse che la coppia si era separata da oltre un anno e si avviava di comune accordo alla separazione.
D’un tratto però l’uomo, fiorentino, sessantasette anni, era divenuto sfuggente e aveva accelerato le pratiche legali, fino ad insospettire la consorte. Che, battagliera come non mai, si era affidata a un’agenzia investigativa, scoprendo una trasformazione sorprendente del marito. L’uomo aveva totalmente cambiato stile di vita. A dispetto dell’età scorazzava a bordo della sua fiammante Porsche e frequentava i ristoranti più in, in compagnia di una giovane fanciulla.
A dipanare il mistero amici comuni della coppia, ai quali l’uomo aveva confidato di aver vinto un milione e mezzo di euro e di volerseli godere fino all’ultimo. Da qui l’immediata pretesa della consorte di ricevere un assegno di mantenimento mensile di ottomila euro o una buonuscita pari a metà della vincita. Il prossimo 30 novembre spetterà al giudice valutare la legittimità della richiesta. Resta però un dubbio. A parti invertite la donna avrebbe desiderato dividere con l’ex marito così ardentemente?
Di Admin (del 23/11/2009 @ 07:44:46, in Articoli, linkato 1965 volte)
Non ce l'ha fatta Manuela Rodriguez Fortez. La quarantenne capoverdiana è morta dopo un mese di agonie al Cto di Napoli. La storia di quel maledetto 19 ottobre aveva fatto il giro d'Italia. Nel piccolo appartamento del quartiere Sanità lei e il figlio di sei anni erano rimasti intossicati dal monossido di carbonio proveniente da una stufa.
Faceva freddo quella sera e nell'appartamento era stata staccata la corrente a seguito del mancato pagamento di una bolletta. Quella stufa accesa per sconfiggere il freddo portava con sé un dono spaventoso. La morte aveva rubato il piccolo Elvis, mentre per la madre era rimasto un flebile filo di speranza. Quel filo, sabato è stato reciso senza appello.
Elvis era nato a Napoli, andava bene a scuola, giocava a pallone con i suoi amici e sognava di fare l'ingegnere. La sua morte scandalosa ha turbato in tanti e molto si è discusso su quanto potesse essere evitabile. Per la morte della madre invece, null'altro che pochi trafiletti. La pratica è archiviata. Non si può tornare sempre a discutere delle stesse cose. Anche se in concreto si è fatto ben poco e sciagure come queste torneranno a mortificare la nostra dignita, colpendo sempre gli stessi. I più deboli, gli emarginati.
Pieni di vergogna e con lo sguardo basso, a Manuela non si può che chiedere scusa. Per non aver saputo essere all'altezza del suo sogno. Quello di vivere nel nostro paese una vita dignitosa che altrove le era stata preclusa.
Di Admin (del 16/11/2009 @ 07:58:38, in Articoli, linkato 1918 volte)
Chiesa e Camorra, i due volti della nostra società. La loro contrapposizione è una riproduzione del perenne conflitto tra il bene e il male. Talvolta però, come accade in tutte le battaglie, i nemici sono così vicini tra loro che è difficile distinguerli.
La conferma l’ho avuta leggendo il giornale lo scorso giovedì che dava giusto risalto al rifiuto del Cardinale Sepe di officiare le esequie per un noto boss. I camorristi sono la negazione del cristianesimo e non meritano funerali. Più in basso però spiccano le dichiarazioni dell’imprenditore Michele Orsi, arrestato e poi assassinato dai Casalesi. L’allora amministratore dell’Eco4, consorzio per lo smaltimento dei rifiuti, sostenne che il sottosegretario del Pdl Cosentino gli chiese di assumere due nipoti del Cardinale.
Qualche pagina più avanti si dà notizia dei sigilli apposti a due locali notturni a luci rosse. I gestori sono accusati di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Ma c’è ancora spazio per un prete costretto a interrompere, suo malgrado, la Cristoterapia. Il sacerdote è stato sorpreso a palpeggiare le giovani che si recavano da lui in cerca di conforto spirituale. Lo scoop è stato realizzato da una televisione di proprietà del Premier, più volte bacchettato dal quotidiano di ispirazione cattolica L’Avvenire.
Lo confesso, talvolta anche a me capita di perdere la bussola e chiedermi, disorientato, dov’è il bene e dov’è il male?
Di Admin (del 10/11/2009 @ 07:24:14, in Articoli, linkato 1867 volte)
La stazione ferroviaria di Mergellina, l’ennesima costosa contraddizione napoletana. Lo splendido palazzo inaugurato nel 1927 è stato restaurato lo scorso anno. Ma allo splendore architettonico non è seguita una rivalutazione della stazione, che oggi funge quasi esclusivamente da fermata della linea due della metropolitana. Eurostar e intercity diretti a Roma o in Calabria da tempo non sostano più a Mergellina.
Ad avviare il dibattito è stata la giornalista e senatrice Pdl Diana De Feo, e in tanti si sono accodati al suo appello. Lo storico Galasso, il filosofo De Giovanni, il soprintendente Gizzi, sono solo alcune delle voci che, con diverse sfumature, hanno posto l’accento sulla necessità del ripristino della stazione di Mergellina. Ma il ridimensionamento dello scalo ferroviario non è, come è accaduto in passato, motivato dalla mera volontà di contenere i costi.
Come ha spiegato l’assessore regionale ai trasporti Cascetta, il passaggio dei convogli a lunga percorrenza disturbava pesantemente la circolazione dei treni metropolitani, utilizzati ogni giorno da quasi centomila cittadini. Motivazione consistente per chi ha una visione democratica del servizio pubblico.
Non vorrei che dietro certi ragionamenti si celasse la stizza di una piccola fetta della classe media per aver perso una comodità. Un atteggiamento non così distante da chi in autobus pretende di scendere al di fuori delle fermate previste.
Qualcuno si è spinto a dire che Mergellina rappresenta per chi arriva a Napoli tutt’altro biglietto da visita rispetto alla casbah di Piazza Garibaldi. Uno stile di pensiero vetero borghese francamente inaccettabile. Da un intellettuale ci si attende altro che nascondere la cenere sotto il tappeto. Se una zona della città soffre la si deve aiutare a venir fuori dalle difficoltà, non certo ghettizzare. Piazza Garibaldi è specchio di una faticosa quanto indispensabile contaminazione multirazziale. Un angolo di città certo più vivo, reale ed europeo del pur imponente monumento di Mergellina.
E allora io sono con Diego Lama. Napoli non può e non deve essere cristallizzata. Occorre inseguire, e se possibile anticipare il futuro, non rimanere ostaggi del passato. E futuro vuol dire anche una metropolitana snella e funzionale, e una stazione di Mergellina ridisegnata e animata come attrazione turistica culturale.
Di Admin (del 07/11/2009 @ 10:47:39, in Articoli, linkato 1925 volte)
Semo sempre di più i separati, semo la gioia degli avvocati, cantava un profetico Luciano Rossi nel 1982. Già, perché oggi un matrimonio che occupa una vita intera è uno spauracchio da evitare a tutti i costi. In passato le giovani coppie visitavano mano nella mano il Salone della casa. Lì preparavano il loro nido d’amore e assaporavano il sogno della propria vita. Ma oggi i tempi sono radicalmente cambiati. In tanti sono convinti che un bel divorzio sia il giusto toccasana. Magari in età non troppo avanzata, così da potersi togliersi ancora qualche soddisfazione.
Sembra confermarlo il primo Salone della separazione e della vedovanza che si terrà il 7 e l’8 novembre a Parigi. “Nuovo inizio”, questo lo slogan scelto dagli organizzatori che hanno diviso i 1.800 metri quadri dell’esposizione in cinque aree tematiche. Questioni giuridiche, psicologia, immagine di sé, immobiliare e turismo. Insomma tutto il necessario per superare il duro trauma e ripartire con lo slancio giusto. A dirla tutta non sono stati i francesi i primi ad investire nel settore. In America è in gran voga il Divorce Party, una festa organizzata da agenzie specializzate per brindare alla fine della vita coniugale.
Il matrimonio viene vissuto come l’ennesimo prodotto da consumare. La separazione diviene un business straordinario che non a caso dilaga soprattutto nei ceti medio alti. Perché in fondo anche il divorzio è uno status symbol.