Di Admin (del 27/04/2009 @ 08:48:33, in Articoli, linkato 1718 volte)
Ancora una volta i nostri politicanti hanno fatto del loro meglio per svilire il senso e l’importanza del 25 Aprile. Ribadendo che per loro il potere è l’unico valore condiviso. Mentre Berlusconi e Franceschini seguivano precise strategie comunicative, in tante parti del Paese si conducevano percorsi ricchi di silenzio, coraggio e dignità.
Come a Scampia, terra sconsacrata da stereotipi che rischiano di annullare qualsiasi tentativo di riscatto sociale. Certo, i problemi a Scampia non mancano. Può persino succedere di morire senza motivo. Come è successo ad Antonio Landieri, mentre giocava a bigliardino con gli amici. Era il 6 novembre 2004 e da allora Antonio insegue ancora giustizia. Perchè quella morte, la morte di un ragazzo con una grave paralisi fin dalla nascita, fu subito etichettata come un regolamento di conti.
Da allora mille iniziative sono fiorite per difendere la sua memoria. Tra queste anche un concorso letterario, giunto alla sua seconda edizione. Tanti racconti da tutta Italia ne hanno decretato il successo. I migliori arricchiranno la collana I pizzini della legalità.
Sabato 25 Aprile a premiare i racconti c’era anche la mamma di Antonio. Ne ha dovuti buttare giù di bocconi amari dopo la morte del figlio. Ha dovuto persino spiegare che No, alla loro famiglia non ci pensa la camorra, perché lui non c’entrava niente con quelli là. Avrebbe dovuto pensarci lo stato. Non lo ha fatto. A Scampia però, il suo ricordo è vivo.
Di Admin (del 20/04/2009 @ 08:03:27, in Articoli, linkato 1799 volte)
Ero certo avessero agito sotto l’effetto di stupefacenti. Rigettavo l’idea che giovani poco più che ventenni avessero compiuto un simile efferato omicidio nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Mi sbagliavo.
Almeno a voler credere alle dichiarazioni rese ai magistrati dai tre rumeni arrestati per l’omicidio di Francesco Ambrosio e della moglie Giovanna. Gli sciagurati avrebbero bivaccato alla Gaiola in attesa che calasse notte. Una bottiglia di vino divisa in tre non può far sprofondare la ragione in un sonno infernale. E invece i tre, scoperti, hanno sterminato con una violenza raccapricciante gli anziani coniugi. La cui unica colpa era quella di trovarsi in casa al momento della rapina.
I tre, tutti incensurati, vivevano da anni in Italia. Uno di loro era il giardiniere della villa. Proprio lui ha facilitato il compito degli inquirenti telefonando alla madre con un cellulare rubato in casa. A lei ha confessato di aver fatto un guaio. Ha detto proprio così, un guaio. E subito dopo non ha esitato a trasformare in danaro le fedi strappate dalle mani delle vittime agonizzanti.
Quaranta euro l’una. Tanto le ha valutate un orafo del Borgo Orefici che ha rilasciato regolare ricevuta. Chissà se l’agitazione mostrata dai rumeni non lasciasse immaginare la provenienza illecita degli anelli. Ma in fondo, la cosa non riguardava il commerciante. Ognuno fa il suo lavoro.
Il nuovo questore di Napoli, Santi Giuffrè, ha decretato la chiusura dell’oreficeria.
Le ho viste tra le righe, visitate, abitate. Le città. Avevano una coordinata precisa in una carta o erano eteree e impossibili.
Ricordo la New York di Céline “...era in piedi la loro città, assolutamente diritta. New York è una città in piedi”.
E la Venezia di Mann. Città in cui si deve arrivare “per nave …dall’alto mare” perché entrare nella città “per via terra dalla stazione, significa entrare in un palazzo dalla porta posteriore”.
Poi Napoli. Quella di Malaparte, misteriosa e antica, rimasta intatta alla superficie del mondo moderno e quella di La Capria “che ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme”.
Caserta, la mia città, “distratta” nelle parole di Pascale. Dépendance borbonica, ha la struttura del castrum. “Caserta è quadrata, tanto qualunque strada prendete ci mettete sempre venti minuti.”
Sono tante, la memoria mi restituisce queste. Città che hanno un posto nelle mappe.
Ma “accanto a questo mondo ce n’è un altro. E vi sono punti in cui si può sconfinare”. Sconfinando ho visto Isidora, nelle parole di Merrill Block. In questa città nessuno ricorda nulla, è una terra senza memoria “dove ogni bisogno è esaudito e ogni tristezza è dimenticata”, il semplice desiderio controlla ogni cosa, non c’è paura della morte perché non c’è cognizione della morte e ci si innamora anche mille volte della stessa persona e sempre per la prima volta.
E poi ho visto nelle pagine di Calvino un’altra Isidora, città cui si giunge in tarda età perché è la città dei ricordi.
Isidora memore e Isidora smemorata.
La relazione tra la città e la memoria è nella descrizione di Zaira “potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”.
Le città invisibili sono tante e hanno tutte nomi di donna. Isidora Zaira Diomira Dorotea Pirra Laudomia Tecla Tudre Zoe Eutropia Zirma Isaura Smeraldina…sono città della memoria, del desiderio, dei segni, degli scambi, degli occhi, del nome, dei morti, del cielo. Sono città sottili, città continue, città nascoste. Città tristi e città contente. “città che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.
Marco Polo le descrive a Kublai Kan. E in fondo ne descrive una sola, implicita. Venezia, la sua città. L’imperatore lo rimprovera “gli altri ambasciatori mi avvertono di carestie, di concussioni, di congiure…mi segnalano miniere di turchesi…prezzi vantaggiosi…e tu? Torni da paesi lontani e tutto quello che sai dirmi sono i pensieri che vengono a chi prende il fresco la sera seduto sulla soglia di casa”.
Ma è questo che piace al Kan. In esse “si può girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il fresco, o scappare via di corsa”.
Così io ci ho girato, mi sono fermata a prendere il fresco, mi sono persa, ritrovata. Ora riprendo il viaggio. Tra le mani Paul Auster, trilogia di New York. La quarta di copertina dice “Auster inventa una sua New York fantastica, un nessun luogo in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all’infinito”.
Di Admin (del 06/04/2009 @ 11:11:24, in Articoli, linkato 1846 volte)
Sei anni dopo il concerto dedicato a George Harrison, Paul Mc Cartney e Ringo Starr si sono riuniti a New York conquistando il pubblico del Radio City Music Hall. I due Beatles sopravvissuti hanno partecipato al concerto per la raccolta di fondi a favore della David Lynch Foundation. Obiettivo della fondazione voluta dal regista americano è quello di portare nelle scuole la meditazione trascendentale per combattere lo stress, migliorando le capacità di apprendimento e concentrazione ma soprattutto puntando a un miglior rapporto con se stessi.
La tecnica fu adottata dai Beatles fin dalla fine degli anni Sessanta, subito dopo l’incontro con un guru indiano. Chi sospettava che dietro l’irripetibile genialità dei Beatles ci fosse l’uso di erbe e acidi in grado di far scivolare la mente in un territorio astratto, può dunque ricredersi. L’unico segreto degli scarafaggi era la meditazione.
Ma se la traccia lasciata dai quattro ragazzi di Liverpool è destinata a rimanere in eterno come una delle più forti regalateci dal ventesimo secolo, qualche dubbio resta sull’attuale pensiero di Mc Cartney. A suo giudizio il mondo è dominato dalla meditazione trascendentale, un pozzo cui è possibile attingere in qualsiasi momento. Pare invece che a dominare il pianeta siano logiche assai diverse e che, come cantava un meraviglioso John Lennon, per dare una possibilità alla pace occorra, oltre alla meditazione, anche qualcosa di più concreto.