\\ : Storico : lettereMinuscole (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Grazia (del 16/02/2009 @ 23:11:16, in lettereMinuscole, linkato 2157 volte)

Inghilterra, tardi anni Novanta.

“Mi chiamo Kathy H. Ho trentun anni, e da più di undici sono un’assistente…. Ci sono stati periodi nella mia vita in cui ho cercato di lasciarmi alle spalle Hailsham, quando mi sono detta che non dovevo più voltarmi indietro. Ma a un certo punto smisi di opporre resistenza”

Kathy racconta. La sua storia è strana. Fatta di termini che lasciano perplessi all’inizio e di un mistero che si svela piano. Lei è “una di quelli di Hailsham” e una cosa è certa, Hailsham è un luogo importante. Tanto importante quanto inesistente. Infatti non esiste più, ma rimane la memoria di esso.

Così con Kath e i suoi amici, Tom e Ruth, inizia un viaggio nella memoria e il luogo di partenza è un collegio nella campagna inglese. I ragazzi che sono lì aspettano. Un destino taciuto all’inizio, ma non per questo non percepito e temuto e accettato con ineluttabilità.

La storia nel suo essere estrema e impossibile è vicina alla storia di chiunque. Ognuno infatti ha un luogo, un tempo, una canzone (Never let me go, Non lasciarmi, è il titolo di una canzone) che rappresentano l’essenza di noi e di quello che siamo stati prima di diventare adulti. Ognuno ha un baule (scatola, cassetto, etc.) dei ricordi e il sogno di un luogo in cui trovare le cose perdute. Ognuno ha avuto almeno un amico o amica in quel tempo e quel luogo e se è fortunato li ha ancora, complici per sempre. Ognuno ha le proprie croci alle spalle e il proprio futuro davanti. Ma, se ci si pensa, è un futuro in prospettiva uguale per tutti. E allora… perché?

La finitezza di tutto sembra togliere senso a qualsiasi cosa. Questa consapevolezza, che solo gli adulti possono avere, rende necessaria l’invenzione di una teoria che addolcisca la pillola, che ritardi (rinvii) l’epilogo. E l’illusione è che da qualche parte ci sia una Madame (o forse un Monsieur?) che possa cambiare il finale. Eppure tutto è destinato a compiersi e anche ciò che ha un’anima a finire.

 
Di Grazia (del 09/04/2009 @ 21:30:00, in lettereMinuscole, linkato 2232 volte)

Le ho viste tra le righe, visitate, abitate. Le città. Avevano una coordinata precisa in una carta o erano eteree e impossibili.

Ricordo la New York di Céline “...era in piedi la loro città, assolutamente diritta. New York è una città in piedi”.

E la Venezia di Mann. Città in cui si deve arrivare “per nave …dall’alto mare” perché entrare nella città “per via terra dalla stazione, significa entrare in un palazzo dalla porta posteriore”.

Poi Napoli. Quella di Malaparte, misteriosa e antica, rimasta intatta alla superficie del mondo moderno e quella di La Capria “che ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme”.

Caserta, la mia città, “distratta” nelle parole di Pascale. Dépendance borbonica, ha la struttura del castrum. “Caserta è quadrata, tanto qualunque strada prendete ci mettete sempre venti minuti.”

Sono tante, la memoria mi restituisce queste. Città che hanno un posto nelle mappe.

Ma “accanto a questo mondo ce n’è un altro. E vi sono punti in cui si può sconfinare”. Sconfinando ho visto Isidora, nelle parole di Merrill Block. In questa città nessuno ricorda nulla, è una terra senza memoria “dove ogni bisogno è esaudito e ogni tristezza è dimenticata”, il semplice desiderio controlla ogni cosa, non c’è paura della morte perché non c’è cognizione della morte e ci si innamora anche mille volte della stessa persona e sempre per la prima volta.

E poi ho visto nelle pagine di Calvino un’altra Isidora, città cui si giunge in tarda età perché è la città dei ricordi.

Isidora memore e Isidora smemorata.

La relazione tra la città e la memoria è nella descrizione di Zaira “potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”.

Le città invisibili sono tante e hanno tutte nomi di donna. Isidora Zaira Diomira Dorotea Pirra Laudomia Tecla Tudre Zoe Eutropia Zirma Isaura Smeraldina…sono città della memoria, del desiderio, dei segni, degli scambi, degli occhi, del nome, dei morti, del cielo. Sono città sottili, città continue, città nascoste. Città tristi e città contente. “città che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.

Marco Polo le descrive a Kublai Kan. E in fondo ne descrive una sola, implicita. Venezia, la sua città. L’imperatore lo rimprovera “gli altri ambasciatori mi avvertono di carestie, di concussioni, di congiure…mi segnalano miniere di turchesi…prezzi vantaggiosi…e tu? Torni da paesi lontani e tutto quello che sai dirmi sono i pensieri che vengono a chi prende il fresco la sera seduto sulla soglia di casa”.

Ma è questo che piace al Kan. In esse “si può girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il fresco, o scappare via di corsa”.

Così io ci ho girato, mi sono fermata a prendere il fresco, mi sono persa, ritrovata. Ora riprendo il viaggio. Tra le mani Paul Auster, trilogia di New York. La quarta di copertina dice “Auster inventa una sua New York fantastica, un nessun luogo in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all’infinito”.

 
Di Grazia (del 28/07/2009 @ 21:45:50, in lettereMinuscole, linkato 2951 volte)

Barcellona 1992. 

Madame Claire Delmas è francese, una donna letteraria dagli occhi geologici (pietre preziose non classificate), dai capelli di miele, dalla bocca che mangia bene, la bocca baciatrice di parole, dalla dolcezza statica, dalla passività profonda di donna, pozzo aperto alle cadute più totali. Cerca un uomo, è greco ed è l’uomo della sua vita. Lo dice “con una voce che si conforma alla sua immagine di donna dell’alba, una voce che sembra essere appena uscita dalle lenzuola”. Non è prudente quando è in gioco qualcosa che le interessa davvero.

Di fronte a lei il detective Pepe Carvalho ascolta. 

Siamo nello studio di Pepe, un ufficio anni Quaranta in rovina, sembra “riscattato dalla liquidazione di un arredo di scena ideato da un produttore di film di Humphrey Bogart”. Pepe è lì, vestito con abiti forse maldestramente messi insieme e recuperati in una vendita di fine stagione.  La guarda. “ci sono donne che fanno dolere il petto quando si contempla la forma esatta e contenuta delle loro carni, donne che basta che ti guardino perché la pedata di piombo ti spezzi lo sterno e una dolce asfissia ti impedisca di pensare all’esistenza dell’aria”.  L’ascolta. Quel racconto letterario, frutto di un’educazione postromantica, un’educazione che ha omesso di passare per Robbe Grillet, Artaud, Genet, Celine e che fa sì che l’uomo cercato, il greco, risulti ridicolo agli occhi di chi ascolta. Ma Claire se ne infischia, va avanti con la sua descrizione e la sua richiesta. Quando sarà lontana, a Carvalho non resterà che “fare a pezzi quella presenza, come chi cerca di capire l’arma che lo ha ucciso con il procedimento di smontarla e sentire in mano il peso di ogni pezzo, il suo volume, la sua tesatura”. Ma ora è qui e bisogna cercare Alekos, l’immigrato greco scomparso, nel dedalo dei quartieri di Barcellona devastati dalla speculazione edilizia.

Così conosco Pepe Carvalho. Non avevo letto nulla di Manuel Vazquez Montalban.

Pepe non legge i libri, li brucia. Nel suo studio dimesso accoglie a sorpresa i suoi ospiti francesi con vini bianchi d’annata (Poully Fumé del 1983, Sancerre ’84, Chablis ’85). E’ un cuoco eccellente, le sue baroccate in cucina sono degustate dall’amico Fuster che gli rimprovera di cucinare per nevrosi, quando è ossessionato da qualcosa di non ben digerito. E infatti Pepe confessa “mi piace troppo una donna e non mi piace che una donna mi piaccia troppo. … Mi irrita sentirmi vulnerabile, anche solo per quarantotto o settantadue ore”. Nell’elenco delle sue stramberie e cose inutili c’è il fatto che prende lezioni sul caffè da un amico di plaza Buensuceso, dal quale si fa preparare una miscela di otto etti di colombiano di prima qualità e due etti di tostato dominicano. E’ malinconico e prigioniero delle sue memorie di cui, pare, vorrebbe disfarsi. La moglie Muriel e la figlia sono morte. Ha una relazione complicata con Charo, suo cliente preferito nell’amore pagato. Si invaghisce di Claire che è una di quelle donne che non si sa se stiano andando o venendo, e che rappresenta un mistero non risolvibile. Vive un rapporto sofferto con Barcellona, la sua città, che “gli muore nella memoria e smette di esistere nei suoi desideri” perchè gli angoli della memoria sono trasformati in cantieri, i suoi riferimenti distrutti: Bromuro il lustrascarpe, la miserabile pensione in cui vive, bar, strade. Leggo in rete che “il suo passato è intenso, lacunoso, movimentato: militante comunista, prigioniero politico durante il regime franchista, poi agente della CIA negli stati Uniti” prima di diventare investigatore privato a Barcellona, sua città natale.

A proposito di detective letterari, mi viene da pensare ad un ispettore che ho conosciuto un po’ di tempo fa e mi stava simpatico, Maurizio Lupo. Dopo Buio Rivoluzione mi sono chiesta che ne è stato di lui. Lo ritroveremo tra le righe o no? Valerio, che dici?

 
Di Grazia (del 02/06/2010 @ 23:19:26, in lettereMinuscole, linkato 2420 volte)

 

"Ci sono storie di animali che fanno cose strane, senza motivo, lontane da quello che per natura quegli animali dovrebbero fare, eppure lo fanno. Perché devono farlo, come se esistesse dentro di loro qualcosa di incontrollabile, che non è l’istinto a cui obbediscono sempre, ma un altro istinto, l’istinto dell’istinto; l’altra faccia dell’istinto. … forse è quella vera. giusta. la faccia giusta" .

All’inizio ho creduto fossero racconti, con tutti questi animali metropolitani in un contesto di cemento e asfalto. E l’asfalto li inghiotte a volte. L’anatra pneumatica e la zecca indecisa, la sogliola rossa come una ferita fresca, il polipo coi binari. Il granchio strabico e l’acciuga sconosciuta. Le formiche torturate dalla nonna. Gli animaletti rossi infiniti e il falco pensiero. Due pit bull e un setter. Il gatto con la schiena rotta sull’asfalto e gli occhi in su che vorrebbero fare rewind sulla vita.

Poi piano sono apparsi gli uomini. Carmine o schiattamuort, Slator l’albanese detto Salvatore, o’ Rugnus. "Quando soffrono gli uomini sono come gli animali. Il dolore non si sceglie o si conosce prima, arriva quando vuole. E si fanno tante cose nella sofferenza; si mangia, si beve, si piange, si spera, si pensa. Ma in realtà non si fa nulla. Tranne questo: obbedire al dolore stesso. L’obbedienza, il collo che stringe e non fa respirare, il mondo che si sbriciola in una stanza e in un letto, in una camicia da notte che diventa vestito, quest’obbedienza è puro istinto. E’ un modo di vivere. Diventa quotidianità. Istinto. Un istinto continuo. Come gli animali"

Quelle degli uomini mi sembravano altre storie. Ma non è così. Alcuni uomini sono padroni di alcuni animali e c’è una storia ambientata in provincia di Caserta, tra il mercato, la tangenziale e i campi di calcetto. Bisogna ricostruirla. I personaggi, uomini e animali, anche se per un po’ di capitoli vanno ognuno per ‘i cazzi suoi’ (come ha detto l’autore) poi si ricompongono nel puzzle. Qualcuno resta (e accende la luce prima che faccia buio) qualche altro se ne va in un posto del mondo a riprendere il filo interrotto.

Nel libro ad un certo punto in mezzo ad animali e uomini c’è una lettera e dice "Caro Carmine, … dopo vari tentativi di suicidio, mi metto a scrivere. Credo di essere diventato, negli anni, molto bravo a scrivere. Nel senso che in ogni racconto riesco a metterci la vita e la morte con la stessa intensità. Pochi scrittori, quelli grandi, ci riescono. Io ci riesco. Io penso che uno scrittore sia grande quando in ogni sua frase c’è dentro tutto il senso della vita".

Piccirillo è grande. E l’accostamento tra il nome proprio di persona e l’aggettivo sembra una contraddizione e una burla, ma non lo è.

 
Di Grazia (del 26/10/2010 @ 00:37:34, in lettereMinuscole, linkato 2206 volte)

Ho preso le ultime quindici pagine tra le mani. Tenendo fermo l’indice sotto la copertina mentre il pollice sfogliava veloce. e m’è venuto su l’uomo leggero leggero. Dal basso verso l’altro di un grattacielo che chiunque riconoscerebbe.

Come si fa a invertire l’ordine delle cose e a tornare indietro su un pezzo di vita? come si fa quando si vuole ancora avere un quaderno bianco e tutto il tempo davanti e invece sta finendo lo spazio e non era previsto ed è successo così all’improvviso?

Oskar ha nove anni, l’11 settembre è tornato a casa perché a scuola gli hanno detto che era successa una cosa brutta. E mentre glielo dicevano non ha pensato che la cosa brutta potesse in qualche modo riguardarlo. Oskar ha un segreto, quando è tornato a casa nella segreteria telefonica c’erano cinque messaggi lasciati dal padre che chiamava dalla torre. Solo lui li ha ascoltati, solo lui ne conosce il contenuto. Ha sostituito l’apparecchio e non ha raccontato niente a nessuno. Inizia la sua ricerca. Deve conoscere quegli ultimi momenti di vita, ‘ho bisogno di sapere come è morto ho detto…per riuscire a smettere di inventare come è morto’.

Trova una chiave e vuole scoprire quale serratura apre, di quale porta. E così va in giro e gli succedono tante cose e le più paradossali lui le conserva in Cose che mi capitano. Oskar è un ragazzo geniale, inventa le cose più strane, scrive un mare di lettere per ‘alleggerirsi le scarpe’, si fa lividi sul corpo quando la sofferenza diventa insopportabile, le sue riflessioni sono incredibili. Le riflessioni esistenziali che può fare solo un bambino (quando il bambino era bambino).

Jonathan Safran Foer ci prende con le parole, con le immagini, con i colori. Ci sorprende continuamente, non si sa mai girando pagina cosa ci sarà. Un testo, una pagina bianca, una sola parola, o una frase, una fotografia, un colore, un errore, una cancellatura. E ci prende col suo racconto, col suo ritmo a tratti ossessivo ciclico ripetitivo, col suo linguaggio particolare, coi suoi personaggi, con le storie familiari da ricostruire ed ogni personaggio è un pezzo del puzzle. Ci prende coi sentimenti. Ci prende col dramma della separazione che ci paralizza, ci impedisce di andare avanti, ci riporta all’ultimo momento, inconsapevolmente ultimo, bisognerebbe capire che è proprio l’ultimo, per dire fare impedire.

E dov’è il tasto di rewind? e quando è spinto al massimo poi.. qualcosa e niente è uguale.

‘Le parole vengono facili. Alla fine del mio sogno, Eva ha rimesso la mela sull’albero. L’albero è rientrato nella terra. E’ diventato un arboscello, che è diventato un seme. Dio ha unito la terra e l’acqua, il cielo e l’acqua, l’acqua e l’acqua, la sera e la mattina, qualcosa e niente. Ha detto: Sia la luce. E il buio fu.’

 
Di Grazia (del 27/12/2010 @ 18:37:54, in lettereMinuscole, linkato 2785 volte)

Una volta un amico mi ha detto 'se leggi Moby Dick devi farlo con la Bibbia a portata di mano, ogni nome nel romanzo è biblico'.

Chi legge questo libro deve farlo con la musica a portata di mano. E anche con un browser a disposizione per navigare verso gli infiniti mondi che si aprono in queste pagine.

Questa storia inizia di lunedì con un bus che parte dal Sud del Jersey rurale diretto a New York “montai sull’autobus a vent’anni. portavo calzoni di tela, un dolcevita nero e il vecchio impermeabile grigio comprato a Camden. Dentro la piccola valigia scozzese in giallo e rosso c’erano le mie matite da disegno, un blocco, Illuminazioni, qualche vestito e una fotografia di mio fratello e delle mie sorelle. Ero superstiziosa. Quel giorno era lunedì; ero nata di lunedì. Era una giornata perfetta per arrivare a New York. Nessuno mi stava aspettando. Ma mi aspettava ogni cosa”

Quando l’arte è dentro, a volte in una fase iniziale si può non sapere bene quale espressione troverà per esprimersi, come accadrà e quando. Nel frattempo, mentre si cerca in se stessi e si guarda il mondo, bisogna mangiare e dormire. Patricia fa la commessa in un negozio quando Robert entra con la camicia bianca e la cravatta, “somigliava a uno scolaretto cattolico”, e compra una collana persiana. “non darla a nessun’altra tranne che a me” .. lui sorride e dice “non lo farò”.

Lei è Patti Smith, lui Robert Mapplethorpe, hanno vent’anni, sono solo due ragazzini. Il vocabolario visivo di lui è affine al vocabolario poetico di lei, rappresentano “una singolare combinazione tra Cenerentola a Parigi e Faust”, “ribelli senza una causa” e devoti all’arte. Aggrappati ad un sogno.. Hang On To A Dream http://www.youtube.com/watch?v=A9pNnKxewss 

Gli anni sessanta volgono al termine, Robert e Patti compiono ventitrè anni “il numero primo perfetto…lui indossava teschi. Io indossavo cravatte. Ci sentivamo pronti per gli anni settanta”. Non hanno un soldo, a volte nemmeno per mangiare, vivono in una stanza al Chelsea Hotel, coi pidocchi in testa, “bicchieri di carta per pisciare e giocattoli rotti”. Patti racconta di aver rubato un giorno al supermercato due bistecche e averle messe nelle tasche di uno dei suoi lunghi trench. È spesso avvolta nei trench, nelle cui pieghe grandi e asimmetriche si sente una principessa o una monaca. Robert scatta dalla fotocamera Polaroid, Patti scrive.

Incontrano un mondo.. la New York anni ’70 piena di artisti, poeti, musicisti. Anime inquiete, come loro. Patti non racconta l’affermazione ma la ricerca, due ragazzi in uno stato embrionale con potenzialità incredibili. Robert dirà poi “Patti, l’arte si è impossessata di noi?”.

E’ un racconto pieno di poesia e spiritualità. Patti è una superstite. Il suo mondo va via piano. Uno ad uno. Aids, overdose, suicidio. E’ un giro di persone che cerca l’immortalità e sfida la vita ogni giorno. Resta l’arte. La bellezza. E lei, dentro il suo cappotto lungo, su una spiaggia con un cielo dipinto, ferma in un attimo di infinito 

Little emerald bird wants to fly away. If I cup my hand, could I make him stay? Little emerald soul, Little emerald eye. Little emerald soul, Must you say goodbye?

 
Pagine: 1
Ci sono 2965 persone collegate

< novembre 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
    
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
 
             

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Articoli (165)
Cronaca (3)
lettereMinuscole (6)
Libri (1)
Lotta armata (1)
Riflessioni (9)
Vorrei che il futuro fosse oggi (15)

Catalogati per mese:
Settembre 2007
Ottobre 2007
Novembre 2007
Dicembre 2007
Gennaio 2008
Febbraio 2008
Marzo 2008
Aprile 2008
Maggio 2008
Giugno 2008
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024
Aprile 2024
Maggio 2024
Giugno 2024
Luglio 2024
Agosto 2024
Settembre 2024
Ottobre 2024

Gli interventi più cliccati

Ultimi commenti:
Non avete ancora cap...
11/05/2012 @ 05:20:16
Di Discount Uniforms
Ben quindici incontr...
11/05/2012 @ 05:11:19
Di cheapest Jersey
Particolare enfasi ¨...
05/05/2012 @ 08:25:28
Di scarpe hogan




01/11/2024 @ 20:42:20
script eseguito in 47 ms



Il termometro del futuro
La prova del nove