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Cartoline da
Di Grazia (del 09/04/2009 @ 21:30:00, in lettereMinuscole, linkato 2135 volte)

Le ho viste tra le righe, visitate, abitate. Le città. Avevano una coordinata precisa in una carta o erano eteree e impossibili.

Ricordo la New York di Céline “...era in piedi la loro città, assolutamente diritta. New York è una città in piedi”.

E la Venezia di Mann. Città in cui si deve arrivare “per nave …dall’alto mare” perché entrare nella città “per via terra dalla stazione, significa entrare in un palazzo dalla porta posteriore”.

Poi Napoli. Quella di Malaparte, misteriosa e antica, rimasta intatta alla superficie del mondo moderno e quella di La Capria “che ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme”.

Caserta, la mia città, “distratta” nelle parole di Pascale. Dépendance borbonica, ha la struttura del castrum. “Caserta è quadrata, tanto qualunque strada prendete ci mettete sempre venti minuti.”

Sono tante, la memoria mi restituisce queste. Città che hanno un posto nelle mappe.

Ma “accanto a questo mondo ce n’è un altro. E vi sono punti in cui si può sconfinare”. Sconfinando ho visto Isidora, nelle parole di Merrill Block. In questa città nessuno ricorda nulla, è una terra senza memoria “dove ogni bisogno è esaudito e ogni tristezza è dimenticata”, il semplice desiderio controlla ogni cosa, non c’è paura della morte perché non c’è cognizione della morte e ci si innamora anche mille volte della stessa persona e sempre per la prima volta.

E poi ho visto nelle pagine di Calvino un’altra Isidora, città cui si giunge in tarda età perché è la città dei ricordi.

Isidora memore e Isidora smemorata.

La relazione tra la città e la memoria è nella descrizione di Zaira “potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”.

Le città invisibili sono tante e hanno tutte nomi di donna. Isidora Zaira Diomira Dorotea Pirra Laudomia Tecla Tudre Zoe Eutropia Zirma Isaura Smeraldina…sono città della memoria, del desiderio, dei segni, degli scambi, degli occhi, del nome, dei morti, del cielo. Sono città sottili, città continue, città nascoste. Città tristi e città contente. “città che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.

Marco Polo le descrive a Kublai Kan. E in fondo ne descrive una sola, implicita. Venezia, la sua città. L’imperatore lo rimprovera “gli altri ambasciatori mi avvertono di carestie, di concussioni, di congiure…mi segnalano miniere di turchesi…prezzi vantaggiosi…e tu? Torni da paesi lontani e tutto quello che sai dirmi sono i pensieri che vengono a chi prende il fresco la sera seduto sulla soglia di casa”.

Ma è questo che piace al Kan. In esse “si può girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il fresco, o scappare via di corsa”.

Così io ci ho girato, mi sono fermata a prendere il fresco, mi sono persa, ritrovata. Ora riprendo il viaggio. Tra le mani Paul Auster, trilogia di New York. La quarta di copertina dice “Auster inventa una sua New York fantastica, un nessun luogo in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all’infinito”.