Di Admin (del 03/06/2009 @ 08:52:38, in Articoli, linkato 5349 volte)
Nemmeno il tempo di mettere il campionato in cantina ed è subito calcio mercato. Il nome del momento è quello di Ezequiel Lavezzi, attaccante argentino in forza al Napoli. Il suo procuratore ha parlato chiaro. I giocatori sono persone, non schiavi. O il club raddoppia tout court l’ingaggio del suo assistito, oppure Lavezzi cambierà aria, accettando le sterline sventagliate da un club inglese.
Schiavi. Un’affermazione oltraggiosa verso i lavoratori. Quelli che sfiorano la morte per portare a casa il necessario a sopravvivere. Saras e ThyssenKrupp sono solo gli iceberg di una situazione infernale. I veri schiavi, di lavoro muoiono.
Sarà forse il caso di fare qualche conto. A un impiegato non bastano due vite per guadagnare quello che attualmente Lavezzi, e tanti altri come lui, intascano in un solo anno. E il giocatore pretende il raddoppio dell’ingaggio. Ossia ricevere in tre mesi ciò che un operaio riceve in quarant’anni di sudore.
Il procuratore svolge il ruolo che il copione gli assegna. Ma non passi il messaggio che questo andazzo è immodificabile. I giocatori guadagnano cifre irragionevoli grazie ai danari che riescono a muovere. Pay tv, quotidiani e sponsor di ogni genere fatturano cifre stratosferiche grazie a loro.
Al di là di ogni moralismo, è possibile parlare e spendere meno di pallone, magari spegnendo le tv e andando qualche volta allo stadio. Dove potrà persino capitare di abbracciare uno sconosciuto per condividere la gioia di un gol.
Di Admin (del 08/06/2009 @ 09:16:36, in Articoli, linkato 1794 volte)
Stilare un bilancio di Galassia Gutenberg subito dopo la sua conclusione rischiava di essere ingeneroso. Impietosa l’immagine di una fiera del libro disertata dal pubblico, se si eccettua l’omaggio a Fabrizia Ramondino. Come pure soverchiante era la frustrazione degli editori che, pur dubbiosi, avevano concesso un’ulteriore opportunità a Galassia sobbarcandosi oneri gravosi per potervi partecipare. Trascorso qualche giorno, è possibile esprimere un giudizio sereno. Galassia non esiste più. Occorrerebbe un medico legale per accertare con precisione il momento del decesso. Certo è che oggi la creatura portata avanti da Liguori, cui bisogna riconoscere le rilevanti energie profuse, non ha più la forza di andare avanti.
In una città matura, crisi è sinonimo di riflessione e spinta propositiva per la nascita di progetti nuovi. Quale è stata la risposta di Napoli? Con il passare delle ore si è delineato un quadro della situazione che non è eccessivo definire isterico. Chi ha per venti anni guidato la fiera napoletana ha scelto, ancora una volta si potrebbe aggiungere, di non fare un passo indietro, ma di addebitare le responsabilità del fallimento alle ataviche incapacità della città e, non guasta mai, alla perdurante crisi finanziaria.
Altre voci si sono levate proponendo l’unione di tutte le forze migliori, alla conquista di un futuro radioso. Tuttavia mischiare in un cocktail malfatto visioni della città, imprenditorialità e culture profondamente distanti, ha il sapore, nella migliore delle ipotesi, dell’accozzaglia populista. E ancor più pericolose appaiono le analisi di chi in questa edizione è riuscito a scovare il seme del cambiamento in sinergie insignificanti. Insinuando il dubbio che ci fosse chi, seduto sulla riva del fiume, non aspettasse altro che vedere passare il cadavere del nemico.
È invece questa l’ora in cui progetti nuovi prendano forma e vigore. Che le realtà nascenti si tuffino, con incoscienza sbarazzina, in imprese impossibili. Che le intelligenze migliori che questo territorio è ancora in grado di esprimere, cito due uomini su tutti, Goffredo Fofi e Giuseppe Montesano, vengano coinvolte a pieno titolo in una gestione finalmente di rilievo. Con le mani libere da una politica che negli ultimi lustri è riuscita a compiere scempi in successione. Se Napoli darà prova della sua maturità, vivremo l’ora del cambiamento.
Di Admin (del 10/06/2009 @ 08:22:35, in Articoli, linkato 1814 volte)
Suona, canta e balla ma non va a Strasburgo Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia. Casini ci aveva provato a ricreare in politica ciò che Walter Matthau e Jack Lemmon hanno rappresentato nel cinema. Ma gli italiani non hanno sposato in pieno il progetto dell’Udc, sfasciando la strana coppia. Se Magdi Cristiano Allam è stato infatti eletto al Parlamento Europeo, Emanuele di Savoia non ce l’ha fatta.
E' stata la prima esperienza politica nel mio paese e ne sono molto orgoglioso, ha dichiarato il nipote dell’ultimo re d’Italia. In realtà si era già candidato nella circoscrizione estero alle elezioni del 2008 con la sua lista Valori e futuro, raggranellando un poco lusinghiero 0,43%. Ma il principe era fiducioso che la sua vincente partecipazione a Ballando sotto le stelle avesse aperto il cuore degli elettori e fatto dimenticare la richiesta di risarcimento avanzata allo Stato.
Correva l’anno 2007. Prima che terminassero i cinque anni dal loro rientro in Italia e ogni richiesta cadesse in prescrizione, i Savoia pretesero la restituzione dei beni confiscati dallo Stato e 260 milioni di euro. A onor del vero, lo stesso Principe se ne era presto pentito. Nel buio delle urne evidentemente ha pesato più la storia dei Savoia che le performance televisive di Emanuele. Che subito dopo aver appreso i risultati ha rilanciato: ho intenzione di continuare la carriera politica. A qualcuno è parsa una minaccia.
Di Admin (del 15/06/2009 @ 08:08:05, in Articoli, linkato 1819 volte)
Chi ha preso i soldi del Belice? Ce l’avevate con noi Presidente. In una delle sue indimenticabili scene Massimo Troisi, scomparso quindici anni fa e dimenticato dalle istituzioni napoletane, replicava all’allora Presidente Pertini.
Mi sono sentito anch’io chiamato in causa da Giorgio Napolitano che, durante un vertice europeo tenutosi a Palazzo Reale, ha lanciato un appello accorato ai giovani napoletani. Prendetevi cura della città. Ce l’avevate con noi Presidente. Con le giovani energie, le più entusiaste, più propense al sacrificio e meno al compromesso prezzolato, quelle agognanti una rinascita collettiva e non tese a conquistare celle di potere. Spetta ai giovani non ancora corrotti da un andazzo imperante e travolgente prendersi sulle spalle un porzione di città.
Ma se la classe politica del Belpaese ha per miracolo scoperto l’elisir della giovinezza occupando per decenni le più alte cariche istituzionali, per noi giovani restano valide semplici regole naturali. Il tempo passa. Non si è giovani per sempre. E si finisce per perdere l’entusiasmo, per lasciarsi sopraffare dallo scoramento. Impossibilitati a fornire il proprio piccolo e cruciale contributo alla crescita di una città avvolta dalle spire di un serpente che tutto stritola e ingoia.
Le sue parole Presidente, trasudano orgoglio. L’orgoglio dell’appartenenza a una città che prima ancora di poter diventare centrale in Europa, deve ritrovare se stessa e una coscienza smarrita.
Di Admin (del 16/06/2009 @ 10:58:11, in Articoli, linkato 1836 volte)
Gennaio 1959. Il generale Batista ha abbandonato L’Avana. Fidel Castro entra in città da trionfatore. È l’inizio della Rivoluzione Cubana. Cinquant’anni dopo il Lider Maximo ha due urgenze. Combattere il male arcigno che lo ha aggredito, e trovare un successore capace di reggere una simile eredità. Il fratello Raul, alla soglia degli ottant’anni, non garantisce un futuro sereno. Né alla sua altezza sembra essere il figlio Lothario. Dalla sua l’età, i natali, e poco altro.
Come sembra confermare la trappola tesagli da Luis Dominguez, un blogger di origine cubana, che per otto mesi ha chattato con il figlio di Castro lasciandogli credere di essere una giovane e attraente giornalista colombiana. Lothario si è lasciato trascinare in un caldissimo rapporto virtuale, condito da scambi di fotografie e frasi piccanti. Infine ha chiesto alla sua preda di poterla finalmente incontrare. Solo allora Dominguez è venuto allo scoperto rivelando la sua vera identità.
L’hacker ha dichiarato di aver voluto dimostrare la disparità di trattamenti presenti sul territorio cubano, dove l’accesso a internet è interdetto a gran parte della popolazione, mentre Lothario disponeva di un Blackberry con il quale chattare e navigare liberamente. Giusto o sbagliato che sia, le chat creano nuove coppie in un batter d’ali. Al rampollo di Fidel invece sono serviti otto mesi per accorgersi di essere preso in giro. Beffato da una chat. Chi sa cosa ne direbbe il Che.
Di Admin (del 23/06/2009 @ 08:15:03, in Articoli, linkato 1738 volte)
I pirati sono arrivati nelle acque del Golfo di Napoli. Un imprenditore di Cardito e un suo amico sono stati assaltati e derubati da tre uomini che dopo aver scaraventato in mare gli sfortunati si sono allontanati con il loro Manò Marine di 13 metri. L’inquietante episodio ha, se non altro, il merito di richiamare una vicenda drammatica. Il sequestro della Buccaneer, il rimorchiatore italiano catturato dai pirati somali l’11 aprile scorso.
Sono passati settanta interminabili giorni senza che si compissero significativi passi avanti. E così le famiglie dei sedici uomini a bordo, dieci dei quali italiani, vivono nel terrore aspettando una notizia che possa finalmente tranquillizzarli. L’ultima telefonata di uno dei marinai, Giovanni Vollaro, ha aumentato il senso d’angoscia e d’impotenza. A bordo scarseggiano i beni primari. E il livello di nervosismo si sta innalzando pericolosamente. I pirati potrebbero perdere la pazienza e compiere gesti sconsiderati.
I contorni della vicenda restano confusi. La notizia che la Buccaneer trasportasse rifiuti tossici da sversare al largo delle coste africane è stata smentita. Ma allora come si giustifica la cortina di silenzio caduta? La Farnesina procede con i piedi di piombo. Nel recente passato in circostanze simili si è adoperata con tutt’altra solerzia. Adesso ha invece escluso un blitz e la trattativa non sembra decollare. Una condotta che alimenta dubbi.
Di Admin (del 29/06/2009 @ 12:46:41, in Articoli, linkato 1652 volte)
Mi sfugge qualcosa. Non può essere diversamente. Altrimenti non mi suonerebbero stonati i commenti delle istituzioni ai nuovi dati sulle morti bianche. Nel 2008 in Italia 1.120 lavoratori hanno perso la vita. Con un calo del 7% rispetto ai 1.207 dell’anno precedente. Il ministro Sacconi ha definito i dati incoraggianti. L’Inail ha parlato di record storico. Si è infatti ritornati ai livelli del 1951.
Entusiasmo dunque per dei dati che, a ben guardare, non possono non far rabbrividire. Le campane non suonano a festa. In media ogni giorno nel Belpaese muoiono tra le tre e le quattro persone. Certo brinderanno tutte le aziende che giocano con la vita dei propri dipendenti sottoponendoli a rischi inaccettabili pur di massimizzare i profitti.
Basti pensare che oltre ottocentomila sono gli infortuni dichiarati all’Inail nello scorso anno. Un numero certo inferiore al dato reale, considerate le migliaia di persone che, spogliate di qualsiasi diritto, vivono in condizioni assimilabili alla schiavitù. Inoltre il dato va interpretato alla luce del ridimensionamento della forza lavoro dovuto alla crisi economica.
È proprio quando l’economia vacilla che le aziende, per blindare gli utili da distribuire ai loro azionisti, riducono i costi. In primis quelli per la sicurezza. Non abbassiamo la guardia dunque di fronte a un fenomeno agghiacciante. E lottiamo per far sì che il lavoro resti uno strumento per vivere e non una scorciatoia per morire.