Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Admin (del 15/09/2007 @ 11:22:33, in Articoli, linkato 2300 volte)
Si parte! Primo post del blog.
Questo piccolo diario di viaggio spero si arricchisca nel tempo dei contributi e degli umori di tutti voi. In tutta onestà ancora non mi sono completamente chiari i meccanismi di quest’aggeggio e chiedo scusa per eventuali malfunzionamenti. Ad esempio pare che il blog abbia dei filtri sulle parolacce, quindi alcuni vostri commenti d’esordio (che immagino ricchi di improperi) potrebbero essere bloccati. Non è censura!!!
Quali liquidi vuole contenere questo diario? Sostanzialmente TUTTI. Vorrei si parlasse di emozioni, di libri, di cronaca, di storia (con particolare attenzione agli Anni 70, che ci volete fare sono una mia ossessione), di piccoli disavventure quotidiane, e di cazzeggio vario (il sale della vita!)
Chiunque voglia dare il suo contributo è ben accetto. Posterò qualsiasi cosa mi mandiate. Se non sarò d’accordo, mi limiterò a puntualizzarlo. Ho chiesto ad alcuni di voi di partecipare in modo attivo. Di avere un proprio nick per inserire gli articoli direttamente. Ad altri non l’ho chiesto per pudore…
Proprio per questo il primo obiettivo è ipotizzare un nome che sostituisca il noiosissimo “il blog di valerio lucarelli” Pensateci.
Magari tra qualche settimana questa sarà solo una stanca pagina web abbandonata a se stessa. Ma, senza darci troppa importanza, potrebbe nascere un cammino condiviso. Potremmo far crescere una piccola oasi, dove incontrarsi nelle notti insonni o durante le lunghe giornate di ufficio (“Cazzo fai su Internet? Lavora!”). Da parte mia posso solo garantire che se la barca dovesse affondare, sarò l’ultimo ad abbandonarla.
Un abbraccio a tutti!
Di Admin (del 17/09/2007 @ 13:00:42, in Articoli, linkato 2036 volte)
Da quindici anni lavoro al Centro Direzionale. In questo arco di tempo l’ho visto nascere, svilupparsi, e oggi vivere un momento difficile.
Come spesso accade in questa città, anche il Centro Direzionale, fiore all’occhiello della Napoli produttiva, mostra due volti. Alla facciata dinamica e tecnologica si contrappone quella ostile fatta di parcheggi inesistenti, di scale buie dove in pochi si azzardano a passare, di siringhe e preservativi, entrambi testimonianze di vite buttate.
Un delirio di metri cubi di cemento disegnati da Kenzo Tange, che pure non seppe o non fu libero di immaginare lo spazio per una piscina o un campo da tennis.
Capita, camminando lungo il Centro Direzionale, di sentirsi soli fra centinaia di sguardi impossibili da afferrare.
E solo si sarà sentito un ragazzo di ventisei anni che lo scorso 11 settembre si è suicidato lasciandosi cadere da uno dei tanti grattacieli del Centro. Soffriva di depressione e il suo ultimo gesto, folle coincidenza, si è consumato sei anni dopo l’attentato alle torri gemelle di New York.
Quel pomeriggio assurdo in cui una vita non ce l’ha fatta a proseguire, in molti si sono mossi per osservare lo spettacolo. Dopo qualche ora, tornando a casa, sono passato davanti a quell’infinita disgrazia. Una folla ancora numerosa dava forma a una volgare cornice. Ho visto ragazzi ridere mentre si aggiornavano su particolari angoscianti dell’incidente. Guardandoli, mentre piangevo, pensavo che i morti erano loro.
Di Admin (del 24/09/2007 @ 11:33:31, in Articoli, linkato 2115 volte)
Bene superfluo o bisogno imprescindibile, cos’è la cultura per Napoli? Risposta scontata, se ci si ferma alla lentezza manifesta delle istituzioni e alla ricerca affannosa dell’evento. Fortuna che in città emergano isole capaci di remare controcorrente.
Come l’istituto Cervantes, un pezzo di Spagna sul lungomare di Napoli, che non si limita al ruolo di più importante istituto di lingua straniera, ma si pone con autorevolezza come accogliente casa della cultura.
Due anni fa Cesar Molina, attuale ministro della cultura di Zapatero, doveva scegliere a chi affidare il rilancio del Cervantes a Napoli. Non ebbe dubbi, l’uomo giusto era Vicente Quirante. Legato in modo sincero alla città, Quirante rivolge il suo impegno febbrile in più direzioni. Stabilisce connessioni con le rare realtà culturali vive sul territorio, offre alla città programmi ricchi di incontri prestigiosi, ricerca la vera radice dei rapporti fra Napoli e la Spagna. Lo studio delll’opera di Benedetto Croce e Giuseppe Galasso diviene indispensabile per allontanare l’immagine, cara a Manzoni, della Spagna madre di tutti i mali.
Quirante, per nove anni avvocato ad Alicante, sta vivendo qui a Napoli la sua second life. Incontrandolo non si ha difficoltà a comprendere quale sia l’energia che lo anima. Ha scelto la città. A Napoli scopre la sua forza vitale, mentre in tanti sono qui ma con la mente altrove.
Il Cervantes ricopre, suo malgrado, una funzione trainante. Napoli è pronta a seguirne l’esempio?
Di Admin (del 25/09/2007 @ 09:13:59, in Cronaca, linkato 2234 volte)
La madre di tutti gli scioperi è fra noi: tutti lavoratori della General Motors - 73 mila persone, ossia come tutti gli abitanti di città come Siena, Imola o Caserta - incroceranno le braccia dopo il fallimento della trattativa tra azienda e sindacati sugli aumenti in busta paga. E' il primo sciopero nazionale negli Usa dei lavoratori di Gm da 37 anni a questa parte. La rottura riflette la politica di tagli ai costi del lavoro voluta dal numero uno di Gm, Rick Wagoner.
Il titolo GM a Wall Street rimane comunque in territorio positivo.
Fonte:http://www.repubblica.it/2007/09/motori/motori-settembre-2007/maxi-sciopero-gm/maxi-sciopero-gm.html
Di Admin (del 01/10/2007 @ 20:58:21, in Articoli, linkato 2070 volte)
Caserta, viale Carlo III, nove del mattino. Sono intrappolato nel traffico. L’imbocco dell’autostrada A1, agognata meta, è appena a un chilometro. La polizia coordina il traffico. Un auto in panne viene rimossa. Scene da esodo ferragostano. Lavoratori manifestano per i loro diritti calpestati? Nella zona diverse realtà giustificano quel timore. Invece, pochi metri dopo, ecco svelato l’arcano: un cartellone pubblicizza l’apertura del “Campania”, ennesimo centro commerciale. Strutture che soffocano il piccolo commercio e devastano luoghi. Tutte uguali.
Per invertire il senso di marcia ci vorrebbe una manovra ardita. Rinvio il mio appuntamento e decido di incolonnarmi ordinatamente. Non è masochismo. È l’istinto di chi sa che avrà qualcosa da raccontare.
Finalmente imbocco la bretella d’ingresso del centro. Tre corsie, come l’autostrada. Uomini si sbracciano per deviare le auto verso un parcheggio laterale. È lontano, ma forse lì qualche posto si recupera.
Un brusio accompagna i miei passi. Sale d’intensità fino a mutarsi in frastuono. Scene dantesche si aprono ai miei occhi. Un’onda umana fluttua pericolosamente. Una donna avverte un malore. Due infermieri cercano di soccorrerla. Tanti spingono per entrare. Pochi escono. Trionfanti, con il loro scalpo. Li avvicino. Sono lì dalle sette del mattino. Hanno atteso tre ore. Qualcuno, vergognandosi, si giustifica con la necessità del risparmio. Esausti, stringono televisori lcd e cellulari acquistati a prezzi stracciati e, forse, stracciando la dignità.
La notizia è rimbalzata su tutte le agenzie pochi minuti fa. Cristoforo Piancone, 57 anni, ex esponente delle Brigate Rosse, è stato arrestato dalla Polizia a Siena dopo aver rapinato con un altro malvivente una filiale del Monte dei Paschi di Siena.
Piancone, nome di battaglia "Gerard", ha avuto un ruolo di rilievo all’interno delle BR. Era entrato anche a far parte della Direzione Strategica. Fu arrestato l´11 aprile del 1978 a Torino, dopo aver partecipato all´agguato in cui fu ucciso l'agente Lorenzo Cotugno. Siamo nei giorni del sequestro di Aldo Moro.
Piancone rimane ferito e i suoi compagni lo lasciano al pronto soccorso dell'ospedale Astanteria Martini. Condannato a sei ergastoli aveva scontato una pena di 25 anni. Non si era mai pentito né dissociato. Aveva ottenuto una prima volta la semilibertà perdendola per aver cercato di rubare merce di poco valore al supermercato Esselunga di Alessandria. Nulla di paragonabile a quanto da lui realizzato lunedì in pieno centro di Siena. Poi, il 5 aprile del 2004 il Tribunale di sorveglianza di Torino gli aveva concesso per la seconda volta la semilibertà.
Dopo aver svaligiato la banca i due rapinatori erano fuggiti inseguiti dalla Polizia. Doveroso l’uso del condizionale, ma parrebbe che Piancone abbia puntato la rivoltella contro un poliziotto per sparargli dopo che quest’ultimo aveva esploso dei colpi in aria. So che rischio di attirarmi gli strali di molti, ma rapinare una banca è un reato previsto dal codice penale, rischiare di uccidere un uomo, un crimine infinitamente maggiore.
Davvero una brutta storia questa di Piancone. Brutta perché riapre ferite mai sanate. Basti pensare alle vittime del terrorismo. Fra queste Bruno Berardi, figlio di Rosario Berardi, il maresciallo assassinato dalle BR il 10 marzo 1978 a Torino, nei giorni in cui lo Stato aveva gravi difficoltà a portare avanti il processo contro le Brigate Rosse. Piancone era stato condannato per quell’omicidio. Facile immaginare lo stato d’animo di Bruno Berardi.
Ma non solo per questo è una brutta storia. Penso a tutti quei detenuti che conducono un’esistenza irreprensibile nella speranza di poter accedere ai benefici previsti dalla legge e ricostruirsi una vita nuova. Questa vicenda susciterà nuove prevedibili polemiche e a rimetterci saranno i più deboli.
Faccio fatica a immaginare che la rapina di Piancone fosse stata pensata per scopi politici. Tuttavia fatti di cronaca come questi si prestano a una facile strumentalizzazione.
Sono davvero in tanti a lavorare per far cadere sugli anni 70 una cortina di fumo inviolabile. Sono troppe le domande che ancora non hanno avuto risposta. Un patto scellerato è stato stretto tra chi sa. La storia d’Italia si è arrestata a trent’anni fa. Oggi siamo un paese isterico e immaturo, occupato da una classe politica incapace e priva di qualsiasi decenza. Sono questi i frutti che paga la nostra generazione per il mancato accertamento della Verità storica.
Davvero non ci voleva.
Di Admin (del 08/10/2007 @ 09:06:16, in Articoli, linkato 1954 volte)
Attenti automobilisti, è arrivato il Tutor. In queste settimane anche sulla autostrada Roma - Napoli è entrato in vigore il nuovo sistema per il controllo elettronico della velocità. A differenza dell’autovelox il Tutor misura la velocità media dei veicoli in tratti stradali tra i 10 e 25 km. In questo modo eviteremo multe per aver superato i limiti in un breve tratto, magari perché impegnati in un sorpasso.
Ma il dubbio di trovarsi di fronte all’ennesima misura per fare cassa resta forte.
In molti tratti della A1 insiste un limite di velocità di 100 km orari che pare eccessivo. Mi piacerebbe vedere il ministro dei trasporti, meglio se scortato dal suo vice ministro, dai suoi due sottosegretari, dagli otto principali collaboratori e dai dodici consiglieri, (fonte: www.trasporti.gov.it) viaggiare sulla Roma - Napoli rispettando il suddetto limite.
Intanto i costruttori continuano a offrirci auto dalle prestazioni sempre più aggressive. Non sarebbe opportuno che si dedicassero alla sicurezza? Una politica seria di prevenzione dovrebbe viaggiare in una diversa direzione. Inasprire le sanzioni per chi adopera l’autostrada come un circuito di Formula Uno. Intensificare i controlli verso i camionisti, spesso costretti a guidare per l’intera giornata senza rispettare i necessari turni di riposo. Intercettare ai varchi di ingresso, prima che sia troppo tardi, i guidatori in stato di ebbrezza.
Infilare le mani nelle tasche dei cittadini non significa rendere le strade più sicure.
Eventi di cronaca e circostanze varie hanno fatto sì che in questi giorni io abbia avuto un carteggio molto fitto con alcuni amici.
Carteggio per modo di dire, visto che abbiamo utilizzato cellulari, msn, e mail...
Con Salvatore, Gianfranco, Luigi, Giuliano, Demetrio, Tommaso spero si crei una sintonia sempre maggiore.
Chissà se per non morire questa società malferma ci darà un luogo.
Chissà se continueremo a essere sguardo sincero.
Chissà se rimarremo puliti, schivando invidie e gelosie accecanti.
Di Admin (del 15/10/2007 @ 12:28:45, in Articoli, linkato 1973 volte)
“Direttore pensate di stare ancora a Udine? Anche voi tenete figli.” Queste alcune minacce subite da Pierpaolo Marino, direttore generale del Napoli calcio.
A rivelarlo, l’inchiesta condotta dal Pm Antonio Ardituro sul lucroso business dei biglietti gratuiti gestito dai capi della tifoseria organizzata. Che siano capi di qualcosa lo stabilirà il processo, sin d’ora emerge l’impossibilità di definire tifosi questi gentiluomini.
Sono trascorsi 25 anni da quando cominciai a frequentare lo stadio San Paolo. Rudy Krol, la sua classe cristallina, il primo campione di cui mi innamorai. Altri ne seguirono. Ragazzino, mi chiedevo perché l’allora capo dei tifosi della curva B non osservasse la partita per dettare, spalle al campo, i tempi e i modi del tifo. E il piacere di vedere la partita, di ammirare le esaltanti magie di un sudamericano venuto a Napoli per regalarle gioia? Nulla di tutto questo. Sentivo parlare di fede. A me appariva come un bieco lavoro.
Attraverso la vendita dei biglietti, gli incriminati pare intascassero cifre ingenti. Sì, ma quanta fatica, quanti rischi, quanta violenza e arroganza. La tanta proclamata passione per il calcio trasformata nell’ennesima menzogna. Legittimo pensare al finto potere dei mafiosi. Proprietari di immense fortune, a capo di interi eserciti, capaci di dare o levare la vita, eppure costretti a fuggire in eterno, a rinchiudersi in umili casolari, a comunicare con i pizzini.
Ma ne vale davvero la pena? È questa la vita che avete sognato?
Di Admin (del 21/10/2007 @ 12:30:08, in Cronaca, linkato 2271 volte)
Per un mese ha provato a vivere con lo stipendio di un operaio. Dopo 20 giorni ha finito i soldi.
Enzo Rossi, 42 anni, produttore della pasta all'uovo Campofilone, ha deciso allora di aumentare di 200 euro al mese, netti, gli stipendi dei suoi dipendenti, che sono in gran parte donne. Ha dichiarato di essersi vergognato, perché non è riuscito a fare nemmeno per un mese intero la vita che le sue operaie sono costrette a fare da sempre. Ha detto che "è giusto togliere ai ricchi per dare ai poveri".
Signor Rossi, per caso non sarà comunista?
"No. Non sono marxista. Sono un ex di destra. Ex perché quelli che votavo non sanno fare nemmeno l'opposizione".
Perché allora questo mese da "povero" e soprattutto la decisione di aumentare i salari a chi lavora per lei?
"Perché stiamo tornando all'800, quando nella mia terra c'erano i conti e i baroni da una parte ed i mezzadri dall'altra, e si diceva che i maiali nascevano senza coscia perché i prosciutti dovevano essere portati ai padroni. Negli ultimi decenni il livello di vita dei lavoratori era cresciuto e la differenza con gli altri ceti era diminuita. Adesso si sta tornando indietro, e allora bisogna rimediare".
Aveva bisogno davvero di provare a vivere con pochi soldi? Non poteva chiedere a chi è costretto a farlo, senza scelta?
"Certo, sapevo come vivono le donne che lavorano per me. Ma ho fatto questa esperienza soprattutto per le mie figlie, che non hanno mai provato le privazioni. Ho voluto fare toccare loro con mano come vivono la grandissima parte delle loro amiche".
Come si è svolto l'esperimento?
"E' stato semplice. Io mi sono assegnato 1.000 euro, e altri 1.000 sono arrivati da mia moglie, che lavora in azienda con me. Duemila euro per un mese, tante famiglie vivono con molto meno. Abbiamo fatto i conti di quanto doveva essere messo da parte per la rata del mutuo, l'assicurazione auto, le bollette... Con il resto, abbiamo affrontato le spese quotidiane. Il risultato è ormai noto: dopo 20 giorni non avevamo un soldo. Mi sono vergognato, anche se ero stato attento a ogni spesa. Sa cosa vuol dire questo? Che in un anno intero io sarei rimasto senza soldi per 120 giorni, e questa non è solo povertà, è disperazione".
Signor Rossi, lei è mai stato povero?
"Sì, anche se ero già un piccolo imprenditore. Nel 1993 - erano già nate le mie figlie - ho dovuto chiedere soldi in prestito agli amici per mantenere la famiglia. Non mi vergogno a dirlo, tanto quei soldi li ho restituiti. E' anche per questo che nell'esperimento ho coinvolto la famiglia. Volevo che le mie figlie vivessero in una famiglia con pochi mezzi, per trovare difficoltà e provare a superarle".
Il momento peggiore?
"L'ultimo giorno, quando ho deciso di arrendermi. Entro nel bar con 20 euro in tasca, gli ultimi. Sono conosciuto in paese, siamo 1.700 abitanti in tutto e gli imprenditori non sono tanti. Mentre entro un pensiero mi fulmina: e se trovo sei o sette amici cui offrire l'aperitivo? Non ho abbastanza soldi. Ecco, ci sono tanti operai che, quando tocca il loro turno, debbono pagare da bere agli altri, perché non è bello fare sapere a tutti che si è poveri. Sono in bolletta e non lo dicono a nessuno. In quel momento ho pensato: tanti di quelli che sono qui sono poveri davvero e non per un mese. Mi sono sentito come quando sei immerso in mare a 20 metri di profondità e scopri che la bombola è finita".
E allora ha deciso di aumentare i salari.
"E' il minimo che potevo fare. Secondo l'Istat, il costo della vita è aumentato di 150 euro al mese. Per quelli come me non sono nulla. Per gli operai 150 euro al mese in meno sono quasi 2.000 all'anno, e questo vuol dire non pagare le rate della macchina o non comprare il computer al figlio. E poi, lo confesso, io ho aumentato i salari anche perché sono un egoista. Secondo lei, come lavora una madre di famiglia che sa di non poter arrivare a fine mese? Se è in paranoia, dove terrà la testa, durante il lavoro? Le mani calde delle mie donne che preparano la pasta sono la fortuna della mia azienda. E' giusto che siano ricompensate".
Se aumenta gli stipendi, vuol dire che l'azienda rende bene.
"Nel 1997, quando ho preso il pastificio Campofilone, il fatturato era di 90 milioni di lire. Quest'anno arriveremo a 1,6 milioni di euro. Da due anni le cose vanno davvero bene, e mi posso definire benestante. Non è giusto che sia solo io a goderne. Il valore aggiunto derivato dalla trasformazione della farina e delle uova deve portare benefici sia ai contadini che mi danno la materia prima che ai lavoratori della fabbrica".
Come l'hanno presa, i suoi colleghi industriali?
"Mi sembra bene. Alcuni mi hanno telefonato per sapere se l'aumento di 200 euro è uguale per tutti e altre cose tecniche. Forse vogliono imitarmi e questa è una cosa buona. Io ho spiegato che sarebbe giusto non fare pagare alle aziende i contributi relativi a questo aumento. Se il governo capisce (mi ha telefonato anche Daniele Capezzone, della commissione imprese) l'idea di prendere ai ricchi per dare ai poveri non resterà soltanto un manifesto".
Da: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/industriale-operaio/industriale-operaio/industriale-operaio.html
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