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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 29/03/2013 @ 12:19:31, in Articoli, linkato 2607 volte)

Nicola Pellecchia e Oreste Scalzone

"Oggi concisi che andiamo a trovare Oreste”. Così mi accogliesti quel martedì di inizio 2010. Pochi giorni prima Oreste Scalzone si era sentito male. Era sceso a Napoli per partecipare a una giornata di studi dedicata a Roberto Silvi. Dovevamo parteciparvi anche noi, ma tu fosti trattenuto a Procida da un impegno all’ultimo momento e io non ebbi modo di intervenire. D’altronde mi avevi avvertito “Devi vedere se riesci a parlare…”.

Oreste, dicevamo, si era sentito male davvero ma, come al solito, aveva dato nessuna importanza alla cosa ritenendo di non poter mancare a un impegno al quale teneva. I medici dissero che ci era mancato poco.

La prima volta c’incontrammo ai Quattro Palazzi. Mi sorprendesti alle spalle dove, ci avrei giurato, un attimo prima non c’era nessuno. Salimmo al tuo studio e lì, una sedia davanti all’altra, cominciammo a parlare. Il sole, quel giorno come tutti quelli che seguirono, batteva sempre alle tue spalle. D’altronde eri tu l’uomo di mare.

Bastò un incontro per capire che se volevo davvero conoscere e comprendere la pagina dei Nuclei Armati Proletari, non restava che buttarsi alle spalle tutta una serie di incrostazioni e di pregiudizi e mettersi all’ascolto. Iniziavo un lavoro che mi avrebbe cambiato per sempre.

Dopo il primo, i nostri martedì si susseguirono. I discorsi si infittivano. Riprendevi tra le mani il tuo tempo passato e lo facevi con grande serenità. Anche se il dolore era vivo e ardente come il sale in una ferita fresca. Ti piaceva sentire anche i miei racconti. Tutte le voci che in giro per l’Italia ero riuscito a raccogliere. Ti commuovesti per l’incontro con i compagni fiorentini e mi raccontasti, senza risparmiarti, chi erano Luca e Annamaria.

Quando incontravo qualche rifiuto, giustificavi chi non aveva voglia di parlare e mi incitavi ad andare avanti. Sorridevi quando ti raccontavo che avevo incontrato il giudice sequestrato dai Nap, e ascoltavi con grande attenzione le parole di un uomo che per la vostra storia mostrava un sincero rispetto. Sorridevi quando ti riportavo il desiderio di incontrarvi espressomi dal pubblico ministero che trentacinque anni prima aveva richiesto per voi pene durissime.

“Pure questo hai incontrato!” mi dicesti trasmettendomi un calore fraterno quando ti riportavo l’incontro con il poliziotto che combatteva per il suo stato e per la difesa della democrazia con torture e violenze. Già, la democrazia. “Sei incredibile” mi dicesti con il tuo sorriso pieno di mare quando ti portai i saluti di Giorgio Panizzari che ero riuscito ad incontrare nel carcere di Spoleto dove scontava l’ergastolo grazie alla faticosa autorizzazione ottenuta dal ministero di grazia e giustizia.

“Oggi concisi che andiamo a trovare Oreste”. Con il passare del tempo i martedì divennero per me un momento di crescita di cui non avrei più potuto fare a meno. Non di rado finivamo per discutere intensamente confrontandoci sugli argomenti più disparati. Sulla camorra capitò più di una volta di scontrarci. Eppure le tue riflessioni, mai scontate, mostravamo un’apertura mentale figlia della reale conoscenza.

Dei pescatori parlavi sempre con un trasporto paterno. Il telefono squillava spesso. E tu cercavi sempre di tenere in piedi quell’unione che avevi saputo creare. Con quella tua straordinaria capacità di linguaggio che avevi sempre avuto in dote. Eri in grado di dialogare con i pescatori parlando in un linguaggio comune per poi, con assoluta naturalezza, andare dal politico di turno a rappresentare le esigenze di una classe che, forse per la prima volta, portava avanti delle istanze condivise, anziché pensare ognuno al proprio particolare. D’altronde eri abituato a far questo sin da quando a Poggioreale dirigevi una commissione dei detenuti insieme a un politico regionale, finito in quei luoghi ameni per tutt’altre circostanze.

Poi, d’improvviso, guardavi l’orologio e imprecavi “Mannaggia a’ capa tua”. Se avevi qualche lavoro da portare avanti mi mettevi alla porta senza troppi complimenti e alla mia ultima domanda, cui sempre ne seguivano altre, mi replicavi “Mo’ te ne devi solo andare.” Altrimenti mi chiedevi di accompagnarti da tua madre ed era altro tempo da condividere. Anche se non ti capacitavi quando ti chiedevo di indicarmi la strada, vittima del mio noto senso dell’orientamento, e mi domandavi “Ma sei di Napoli, o no?”

Una volta incontrammo mia moglie. Pochi sguardi e un paio di domande veloci per capire chi avevi di fronte e poi la sentenza: “E’ duro stare con un rompiballe come tuo marito!” Aveva superato l’esame.

“Oggi concisi che andiamo a trovare Oreste”. Il libro andava completandosi tassello dopo tassello. Mancava poco alla conclusione quando ti chiedesti “E io con chi parlerò di queste cose?” Ti contraddissi. Se speravi di liberarti di me ti eri sbagliato. E infatti anche quando il libro fu pubblicato ci vedevamo, meno frequentemente, per raccontare come stavano andando le presentazioni e cosa avevano detto i diversi relatori. Tu il libro lo leggesti sul traghetto. Mi chiamasti per dirmi cosa ne pensavi, ma eri al largo di Capo Miseno e la linea cadeva in continuazione. Toccava attendere l’indomani. “Ci stanno parecchie fesserie, però…”

Alle presentazioni non eri mai intervenuto. Fino a quella che ci fu al centro sociale 081. Condita dalla consueta discussione dopo l’incontro. Maggio 2011. La sera con Tonino ti accompagnammo a prendere l’ultimo traghetto per raggiungere la tua Procida. Fu l’ultima volta che ci vedemmo prima del bastardo.

Mi chiamasti dall’ospedale. Ovviamente la sera mi persi tra i padiglioni, ma questo non ti sorprese. Mi raccontasti con la giacca d’improvviso larga, di come era iniziata, delle stupide rassicurazioni dei medici. Fino a quando l’ipotesi pancreatite aveva lasciato spazio a un timore più grande.

“Credi che non sappia come andrà a finire?” E mi parlasti di tuo padre. Ti chiedo scusa oggi, a distanza di meno di due anni Nicola, per averti detto che quei discorsi non li volevo nemmeno sentire, che sarebbe stata una battaglia durissima, ma che ne avevi vinte e combattute di peggiori. Non volevo vedere le cose per quel che erano.

Eppure, Nicola, tu la battaglia l’hai combattuta con tutto te stesso. Con una forza sovraumana figlia del desiderio bestiale di vivere e dell’amore immenso per chi non volevi lasciare solo per nessun motivo al mondo.  

Qualche giorno dopo quando ti raggiunsi sull’uscio della stanza c’era un ragazzo: “Appena puoi andare da mio padre, altrimenti lo sai come è fatto, si abbatte”. Eri in ospedale da pochi giorni e già ti conoscevano tutti per quel che sei, per la tua generosità, per la tua capacità di farsi carico degli altri. E tu andavi di stanza in stanza a vedere come essere di aiuto, come organizzare meglio i problemi altrui. 

“Uagliò, l’hai scampata!” mi avvertisti la mattina che ti stavano dimettendo: non avrei quindi dovuto fare la notte al tuo fianco come concordato. Perdonami Nicola, ma noi siamo bestie e ora a me quella notte manca. Vorrei averla vissuta per avere più legna da ardere per riscaldare il cuore.

Forse uno dei pochi argomenti che abbiamo appena lambito è il post mortem. La visione imperante nella sinistra antagonista, spesso figlia di un lucido raziocinio, altre volte di uno sterile schematismo, dichiara senza tema che dopo la morte non vi è nulla. Probabile sia vero, ma se così non fosse mi piace immaginarti discutere con il padreterno suggerendogli delle chiare migliorie che si possono apportare per rendere più piacevole la condizione di tutti.  

“Disturbo?” Non dimenticherò mai il regalo che mi hai fatto Nicola. Quella telefonata da Milano, prima di scendere per l’ultima volta a Procida. Eri sempre meravigliosamente vivo, caldo, fraterno. Nella tua voce stanca la voglia di sapere, di ridere, di vivere. E quando ci eravamo salutati, ancora l’ultima domanda “Aspetta, come è andata a finire poi…” Eppure te ne avevo parlato solo una volta, e tu avevi appena avuto una lunga e dura operazione chirurgica. Ma non avevi dimenticato.

Né dimenticherò mai il silenzio che c’era venerdì al Pozzo Vecchio. Nelle isole anche i cimiteri vivono di una luce diversa. Vi sfido a trovarne altri sul continente, circondati non da cipressi ma da alberi di limone. E con le onde pronte a rinfrescare il viso dalle lacrime. Quel silenzio non l’ho mai sentito, Nicola. C’erano almeno cento persone lì con te. Tutte sconvolte dal dolore, certo. Ma non c’era solo il dolore in quel silenzio. C’era la rabbia, l’incredulità. Quei quattro assi di legno erano una bestemmia.

Ti ho davanti agli occhi. Ti sto dicendo che non credevo potessi morire. E tu mi rispondi con il tuo solito sorriso e gli occhi pieni di sfida “O’ ver? E perché? ”

E te lo spiego io perché, Nicola. Perché il dolore che hai portato sempre dentro di te per i tanti, troppi compagni persi nel tentativo di arginare le brutture di un mondo, perché 20 anni di carcere e altrettanti di sacrifici figli della coerenza e del rispetto per una storia, perché nulla di tutto questo era stato capace di cambiarti, di non pensare al prossimo, ai suoi bisogni prima dei propri.

Perché la vita aveva un futuro dopo di te e tu volevi viverlo il più a lungo possibile.

Per questo Nicola c’era quel silenzio.

 

 

 

 
Di Admin (del 29/06/2010 @ 08:58:39, in Articoli, linkato 2244 volte)

Non curante delle telecamere, il commissario tecnico della Germania Joachim Löw è stato sorpreso durante la partita contro l’Inghilterra, mentre si ficcava le dita nel naso e, dopo aver frugato con forza, inghiottiva quanto pescato. Ciò che conta però, è che la Germania proceda spedita il suo cammino nei mondiali sudafricani e lo faccia grazie a una rosa per metà composta da giocatori nelle cui vene scorre del sangue non esattamente ariano.

Tutto ciò lascerebbe credere che i teutonici si siano finalmente messi alle spalle le sciagurate strade intraprese nel secolo scorso. Ma forse il passato non è poi così lontano. Almeno a giudicare dalla proposta di Peter Trapp, esponente del partito democratico cristiano, per il quale è necessario sottoporre preventivamente gli immigrati a un test d’intelligenza. Per Trapp infatti, in tema di immigrazione occorrono criteri moderni e i motivi umanitari da soli non sono sufficienti.

La proposta è stata rigettata da governo e opposizione, tuttavia simili uscite non sono per nulla inedite. Di recente un membro della Banca centrale tedesca ha dichiarato che i figli degli immigrati sono più stupidi dei giovani tedeschi e minacciano di inquinare la indiscussa superiorità tedesca. Traff e i suoi sodali dimostrano di essere intelligenti, cristiani e democratici. Noi, poveri esseri inferiori, possiamo solo limitarci a tifare sabato Argentina. Senza dare nell’occhio. Non si sa mai.

 
Di Admin (del 24/06/2010 @ 03:10:32, in Articoli, linkato 1907 volte)
p>Saviano all'obitorio nella copertina di Max

In un lontano sketch Arbore, Benigni Nichetti, Verdone commentavano da una casa di riposo per vecchi artisti la finta morte di Massimo Troisi. L’attore convinse gli amici perplessi: per lui quello era un modo di esorcizzare un’ombra.

Assai diversa appare invece la provocazione studiata da Max che nella sua prossima copertina espone un Roberto Saviano disteso su un lettino da obitorio con all’alluce il cartellino di riconoscimento. Per Andrea Rossi, direttore della testata, l’immagine testimonia la volontà di schierarsi dalla parte dello scrittore dopo i recenti attacchi piovutigli da più parti.

Forse i tipi di Max avevano ritenuto implicitamente corretta la loro scelta editoriale alla luce del processo mediatico che ha travolto l’autore di Gomorra. Saviano, cui da anni è stata assegnata una scorta per il timore che sia finito nel mirino del clan dei Casalesi, ha criticato la foto, definendola di cattivo gusto. Dunque ne era all’oscuro, come conferma lo stesso Rossi che però aggiunge di aver anticipato il progetto all’agente dello scrittore.

Da tempo Saviano procede diritto per la sua strada e non ha bisogno dei consigli di nessuno. Tuttavia dovrebbe forse interrogarsi sul rapporto inversamente proporzionale esistente tra il Saviano personaggio pubblico, icona dell’anticamorra e lo scrittore. Più s’impone il primo, più si svilisce l’altro. Sempre che sia ancora possibile tenere le due figure su un piano distinto.

 
Di Admin (del 21/06/2010 @ 04:18:07, in Articoli, linkato 2079 volte)

Frank Fenner: l'uomo è destinato a estinguersi

Qui in Italia in pochi conoscono Frank Fenner, docente di microbiologia dell’Australian National University. Eppure il professore ha una carriera prestigiosa alle spalle ed è soprattutto grazie a lui che l’uomo è riuscito a sradicare il vaiolo. L’ultima dichiarazione di Fenner non è però destinata a regalare allegria. A suo giudizio la razza umana e gran parte delle specie animali sono destinate ad estinguersi nei prossimi cento anni. Tutto questo a causa di una serie di fattori, primi fra i quali la violenta esplosione demografica e i consumi eccessivi oltre ogni ragionevole limite.

Non sono mancate le reazioni di chi giudica eccessivo l’allarmismo di Fenner. Per molti eminenti cattedratici l’uomo saprà adottare in tempo le misure necessarie ad arrestare gli innegabili mutamenti in atto. Per placare il pessimismo di Fenner avremmo preferito ascoltare spiegazioni scientifiche e non un auspicabile, ma improbabile, ravvedimento dell’uomo.

Tra due giorni Fenner terrà una conferenza incentrata sui cambiamenti climatici e le azioni da intraprendere al più presto per porvi rimedio. C’è da giurarci che le sue apocalittiche dichiarazioni accresceranno l’interesse alla conferenza, ma qui da noi se ne parlerà poco. C’è da battere la Slovacchia e proseguire il cammino nei mondiali. E allora meglio rintronarsi con una strombazzata di vuvuzela, lasciando ad altri problemi che non abbiamo nessuna voglia di affrontare.

 
Di Admin (del 17/06/2010 @ 21:25:43, in Articoli, linkato 2029 volte)

Annamaria Franzoni

Il delitto di Cogne è entrato in pianta stabile nell’immaginario collettivo. E così anche un processo secondario, come quello che vede Annamaria Franzoni accusata di calunnie nei riguardi del vicino di casa Ulisse Guichardaz, coinvolge numerosi operatori dell’informazione e torna a far discutere la gente.

Al palagiustizia di Torino la Franzoni ha negato di aver mai fatto accuse precise nei confronti di chicchessia e ha specificato di aver fatto i nomi dei vicini di casa unicamente per fornire elementi preziosi agli investigatori. A sorpresa la donna ha dichiarato di non aver nemmeno letto la denuncia predisposta dal suo difensore dell’epoca, Carlo Taormina, e di non ritrovarsi in alcune dichiarazioni presenti al suo interno. In particolare la Franzoni nega di aver mai ricevuto attenzioni sessuali dal suo vicino, così come scritto nella denuncia da lei firmata.

Implicitamente, sul banco degli accusati è finito proprio l’avvocato Taormina, i cui ricordi però non collimano in nulla con quelli della Franzoni. Per il legale la denuncia fu letta più volte e subì diverse modifiche in seguito alle osservazioni persino pedanti fatte dai firmatari.

La Franzoni, condannata in via definitiva a sedici anni, ridotti a tredici per effetto dell’indulto, ha dichiarato al giudice di essersi presentata solo oggi al processo per l’enorme attenzione mediatica che desta ogni sua apparizione pubblica. Durante il lungo interrogatorio ha rievocato i tragici momenti che portarono alla morte del piccolo Samuele ed è scoppiata in lacrime quando ha rievocato gli istanti in cui, a suo dire, scopriva l’atroce stato in cui versava il figlio.

In tanti, a partire dal suo collegio difensivo, fino al professor Ugo Fornari, consulente del Pm Giuseppe Ferrando, sono convinti che la donna davvero non ricordi nulla di quei tragici istanti e sia certa di non aver commesso alcun gesto criminoso, e sottolineano i rischi cui andrà incontro, qualora un giorno dovesse risvegliarsi e rivivere la realtà. Realtà che potrebbe schiacciarla fino a spingerla al suicidio.

Di certo non appare meno semplice la sua attuale condizione. Perdere un figlio di appena tre anni in circostanze simili è agghiacciante. Essere accusati di aver perpetrato quel delitto annichilirebbe la gran parte degli esseri umani. Ma con questo peso, per fortuna, la Franzoni riesce a convivere.

 
Di Admin (del 14/06/2010 @ 06:19:34, in Articoli, linkato 2086 volte)

Non vive un periodo positivo Marco Castaldi, in arte Morgan. Tutto è precipitato dalla intervista rilasciata al mensile Max in cui ammetteva l’uso regolare di cocaina come antidepressivo. Immediata è scattata l’espulsione da Sanremo. Cuore, sole e amore non vanno d’accordo con il crack, anche se spesso ottundono la mente allo stesso modo.

Poi la frana si è abbattuta sulla sfera familiare. Sua moglie Asia Argento ha infatti intrapreso una battaglia senza esclusione di colpi. Se tre anni fa il Tribunale di Milano aveva deciso l’affido condiviso della figlia Anna Lou, Asia dapprima ha preteso e ottenuto l’affido esclusivo e l’aumento dell’assegno mensile, poi ha chiesto la decadenza della patria potestà. Al momento il processo è sospeso, ma il clima non si è rasserenato.

Almeno a giudicare dalle lamentele di Morgan, cui Asia impedisce di vedere la figlia nel giorno del compleanno. Anna Lou festeggerà i nove anni tra due settimane in una domenica che, nel rispetto degli accordi legali, dovrebbe trascorrere con il padre. Anni fa, in una intervista doppia alle Iene, Asia assegnava il massimo dei voti al compagno come padre.

Oggi avrà certamente cambiato idea, ma sarebbe bello che lei, e tutte le mamme nella sua situazione, mettessero da parte rancori e detriti di un rapporto andato in frantumi e non rubassero ai propri figli, che giurano di amare, quella parte di affetto irrinunciabile che ogni padre sano può e deve dare ai suoi figli.

 
Di Admin (del 22/05/2010 @ 14:41:26, in Articoli, linkato 2217 volte)

Il topo insolente e il Presidente

Le misure di protezione nei confronti del Presidente degli Stati Uniti sono sempre state elevate. L’elezione di Barack Obama, il primo presidente afroamericano della storia, ha giocoforza imposto un ulteriore aumento della soglia di attenzione. Eppure tutto questo non ha impedito un’inattesa intrusione avvenuta durante il delicato discorso sulla riforma finanziaria.

Mentre con il consueto cipiglio Obama descriveva le azioni necessarie per regolamentare i mercati ed impedire che la crisi in corso oramai da due anni continuasse a mietere vittime, ecco che, in barba a tutti, un impertinente topo ha osato rubare la scena e con fare furtivo è passato sotto il palchetto presidenziale. Da quel momento per fotografi e giornalisti le parole di Obama e gli shock delle borse mondiali sono passati in second’ordine; più urgente era immortalare il blitz del roditore.

Particolare enfasi è stata data dai media alle dimensioni del ratto, da qualcuno scambiato per una talpa. In realtà l’insolente topolino fa bene a sguazzare nei soffici prati della Casa Bianca. Qui da noi si troverebbe a malpartito di fronte a “colleghi” ben più imponenti e agguerriti.

Chissà come Obama interpreterà l’episodio. Se una sfilata di un sorcio è sufficiente per non dar più troppo peso alle sue parole, è forse giunto il momento di capire che più di ogni analisi urgono azioni concrete per arginare la finanza sregolata che dissangua il pianeta.

 
Di Admin (del 14/05/2010 @ 03:59:24, in Articoli, linkato 1836 volte)

Cosa hanno in comune Ho Chi Minh City, l’ex Saigon, e Aversa. E ancora, cosa lega la Repubblica Socialista del Vietnam al Vaticano. Realtà apparentemente distanti, se non inconciliabili, condividono una storia triste: lo sfratto esecutivo intimato a un ordine di suore. Cambia la congregazione di appartenenza, le Cross Lovers nel sud-est asiatico, le Cappuccinelle nel paese del casertano, ma il senso è identico.

Pur consapevoli del rischio incombente le suore avevano adottato uno stretto riserbo, pregando in cuor loro che tutto si risolvesse per il meglio. E invece, come riporta il Corriere del Mezzogiorno, dovranno ‘liberare’ l’istituto. Delle dieci religiose, in buona parte anziane e in precarie condizioni di salute, cinque verranno trasferite altrove, mentre delle restanti non è ancora chiaro il futuro.

A nulla finora sono valse le proteste dei cittadini aversani indignati, né la storia secolare del convento. Dal canto suo la Curia respinge ogni addebito precisando che la decisione è stata presa molto più in alto e che loro non hanno fatto altro che seguire le indicazioni provenienti dal Vaticano.

Al di là di ogni legittimo commento, resta una domanda. In Vietnam le suore furono sfrattate poiché faceva gola il terreno dove erano insediate. Che anche in questo caso si celi un forte interesse nei confronti dell’antico convento? Vertici ecclesiastici e governi comunisti, all’atto pratico, mostrano un’inattesa convergenza di vedute.

 
Di Admin (del 10/05/2010 @ 23:57:58, in Articoli, linkato 1895 volte)

Che fa, concilia? La crescita esponenziale delle cause di separazione riporta alla mente l’accanito vigile urbano impersonato da Alberto Sordi. Dopo un’udienza protrattasi per cinque ore pare siano vicini a una conciliazione Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Il primo avrebbe fatto un passo indietro sulla residenza di Macherio del valore di 78 milioni di euro, dicendosi disponibile a cederla alla oramai ex moglie. Dal canto suo Veronica avrebbe ridotto di parecchio le pretese per l’assegno di mantenimento.

Nello star system gli esempi di divorzi milionari abbondano. La rivista americana Forbes ha stilato una classifica guidata a pari merito dal cestista Michael Jordan e dal cantante Neil Young. A loro, la separazione è costata 150 milioni di dollari. E poi, in un elenco che potrebbe non finire mai, Steven Spielberg, Harrison Ford, Kevin Costner, Paul Mc Cartney, Michale Douglas e Mick Jagger.

Il giorno più bello della tua vita, per tanti si trasforma in un incubo a nove zeri. Per evitare ciò, da più parti si solleva l’idea di degradare il matrimonio da patto per l’eternità a un meno ambizioso, ma forse più realista, contratto a tempo. Viviamo il tempo del precariato estremo, ma difficilmente si arriverà a tanto. Troppe resistenze da infrangere. A partire dalla Chiesa, sempre attenta a mantenere alta la moralità altrui, fino agli avvocati, parte dei quali mantiene, e bene, le proprie famiglie grazie alle disgrazie altrui.

 
Di Admin (del 06/05/2010 @ 11:15:38, in Articoli, linkato 2126 volte)

Dovesse riscrivere oggi la sua tragedià più celebre, William Shakespeare lascerebbe il suo Amleto interrogarsi sempre sull’identico dilemma. Essere o non essere. Viviamo tempi in cui apparire è un imperativo dominante e mostrarsi per ciò che non si è equivale a non essere.

L’ulteriore riprova giunge dal chirurgo plastico bolognese Alessandro Gennai che ha analizzato il forte incremento dei ritocchi estetici tra le mamme degli sposi. Non solo chi è prossimo a salire sull’altare per pronunciare il fatidico sì si preoccupa di rinforzare i propri glutei, snellire i fianchi, rimpolpare le labbra e regalarsi un paio di taglie di reggiseno in più. No, adesso è anche il turno delle future suocere, desiderose di far bella figura nelle fotografie che per sempre immortaleranno quegli attimi solenni.

Le agguerrite mamme dei piccioncini con sempre maggior insistenza richiedono qualche piccola aggiustatina. E così, preferendo evitare il ricorso al bisturi, si lanciano senza scrupoli verso le siringhe di botulino e acido ialuronico. Insomma, qualcosa di non troppo invasivo per lasciare il segno nel giorno più importante della vita dei loro figli.

Ma sarà davvero così? Studi in tal senso ancora non esistono, ma è legittimo ipotizzare una correlazione tra le mamme che si ritoccano e i figli che divorziano. Sbaglierò di certo, ma quandanche avessi ragione il problema è subito risolto. Un bel lifting e pronti, via dall’avvocato. Per un’altra foto ricordo.

 
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