Tobagi assassinatoUn'informativa redatta da un ufficiale dell'Arma, nome in codice Ciondolo, descriveva come imminente un attentato a Walter Tobagi, indicando persino l'area in cui quel delitto stava maturando. Perché venne tralasciata, di fatti condannando a morte il giornalista?

Walter Tobagi nel 1980 ha 33 anni. È un giovane giornalista, in pochi anni ha bruciato le tappe, divenendo una delle penne più affermate del Corriere della Sera. Per le sue inchieste sul terrorismo e per il suo ruolo di Presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti finisce nel mirino dei terroristi.

Il capitano dell'Arma Roberto Arlati, l'uomo del blitz nel covo di via Montenevoso, infiltra uomini dell’Arma negli ambienti che si sospetta fiancheggino i brigatisti. E ottiene importanti successi, in particolare grazie a un brigadiere che agisce sotto copertura nel mondo dell’antagonismo. Il suo soprannome è Ciondolo.

Ciondolo, attraverso Rocco Ricciardi un proprio informatore, viene a sapere che giovani desiderosi di entrare nelle Br 'allo squillar delle fanfare' hanno nel mirino Walter Tobagi. Ciondolo conosce anche i loro nomi, a partire dal capo, Marco Barbone. Sa dove e come trovarli, ha tutti gli elementi per incastrarli. Vorrebbe trasmettere la notizia al capitano Arlati, ma non ci riesce perché il suo superiore ha lasciato l’Arma. Ciondolo non riesce a trovare nessuno che lo stia a sentire.

Ecco uno stralcio dell'informativa:

"Secondo il postino, il...(segue il nome di un altro confidente) e gli altri avrebbero lasciato il proposito di compiere azioni in Varese ma avrebbero in programma un’azione a Milano. Il .... non ha lasciato capire pienamente quale possa essere il loro obiettivo ma ha riferito al postino che si tratta di un vecchio progetto delle Formazioni comuniste combattenti (FCC). Per quanto riguarda l’azione da compiere qui a Milano e la zona nella quale il gruppo sta operando il postino ritiene che vi sia in programma un attentato o il rapimento di Walter Tobagi, esponente del Corriere della Sera. La zona in cui il gruppo sta operando dovrebbe essere quella di piazza Napoli-piazza Amendola-via Solari dove il Tobagi dovrebbe abitare."

La sua informativa finisce in qualche cassetto e Ciondolo viene addirittura allontanato dal nucleo Antiterrorismo di Milano e trasferito prima al servizio intercettazioni telefoniche e poi in una sperduta stazioncina ai confini con la Svizzera.

La sera del 27 maggio 1980 Walter Tobagi presiede un incontro al Circolo della stampa di Milano. Al centro del dibattito il ruolo del giornalista rispetto al tema del terrorismo. La discussione è particolarmente animata. Poi trascorre la serata con l'amico giornalista Massimo Fini. A lui conferma la scelta di non occuparsi per un poco di tempo di terrorismo. Le sue lucide analisi ne fanno un potenziale bersaglio. Tobagi ne è cosciente. "Non sono samurai invincibili", pubblicato sul Corriere della Sera il 20 aprile, era stato il suo ultimo articolo dedicato alle BR.

Il 28 maggio 1980 alle 11.10 Walter Tobagi viene ucciso a Milano, in via Salaino. Marco Barbone, Paolo Morandini, Daniele Laus, Mario Marano, Manfredi De Stefano e Francesco Giordano, questi i nomi degli assassini di Tobagi, buona parte dei quali appartenenti a famiglie della Milano 'bene'. Gli sparano a poca distanza da casa, mentre sta andando a piedi a prendere l’automobile che lo deve portare al giornale. Nel giro di poche ore, secondo il tragico rituale della lotta armata, l’assassinio viene rivendicato, attraverso un volantino, da una nuova sigla del terrorismo: la Brigata 28 marzo.

Nel giro di pochi mesi dal suo omicidio, le indagini di Carabinieri e Magistratura, portano all’identificazione degli assassini ed in particolare, a quella del leader della neonata Brigata 28 marzo, il giovane Marco Barbone. Subito dopo il suo arresto, nel settembre del 1980, Barbone decide di collaborare con gli inquirenti; diventa un pentito, il secondo dopo Patrizio Peci. Grazie alle sue rivelazioni l’intera Brigata 28 marzo finisce in carcere, e con essa più di un centinaio di sospetti terroristi di sinistra, con cui Barbone è venuto in contatto nel corso della sua breve ma intensa carriera da terrorista.

Il 28 novembre 1983 si chiude il processo agli assassini di Tobagi. Grazie alla legge sui pentiti, a Barbone, esecutore materiale e reo confesso, viene comminata infatti una pena molto mite e ottiene quello stesso giorno la libertà provvisoria.

È il segretario del Partito Socialista Bettino Craxi a rendere nota la notizia dell’esistenza di una informativa dei Carabinieri di Milano, un documento ufficiale datato dicembre 1979, che con sei mesi di anticipo svela il progetto di omicidio nei confronti di Tobagi.

L’allora Ministro degli Interni Oscar Luigi Scalfaro in Parlamento confermò l’esistenza di una nota "redatta da un sottufficiale dell’Arma il 13 dicembre 1979" aggiungendo che:

"L’attività dell’Arma dei carabinieri in tutte le vicende surriferite è attività di polizia giudiziaria che implica, come tale, il dovere di riferire in via esclusiva all’autorità giudiziaria dalla quale dipende."

Scalfaro rimarca come i carabinieri debbano sempre informare i magistrati e lascia intuire che che i carabinieri dell’Antiterrorismo di Milano non avessero detto tutto ai magistrati milanesi.

Ciondolo, che come il suo capitano Arlati vive e lavora lontano dall’Italia, ha confessato: "Mi sento in qualche modo responsabile dell’assassinio di Walter Tobagi".


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