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Trecentosedici operai in balìa di un ricatto
Di Admin (del 28/04/2008 @ 08:59:04, in Articoli, linkato 1852 volte)

Pomigliano d’Arco. È sera. Un’altra giornata di assemblee e scontri si è conclusa. Franco è stanco. È uno dei 316 operai che la Fiat ha deciso di trasferire d’imperio a Nola, dove ha creato un Polo logistico.

Una scelta chirurgica. Come i deportati di un tempo. Via i più combattivi e chi fatica a reggere gli infernali ritmi produttivi. Così da avere carta bianca per poter macchiare il destino dei 316, prima. Di tutti gli altri, poi.

Franco sa che la competitività inseguita dall’azienda devasterà la sua vita. La Fiat sta trasferendo la produzione dei nuovi modelli Alfa in altri stabilimenti. In Italia, per ora. All’estero, dove il lavoro costa meno, in un futuro non lontano.

Negli ultimi giorni si era sentito meno solo. Oreste e Mimmo guidavano dall’esterno dello stabilimento una mobilitazione generosa, che aveva acceso i riflettori sulle loro angosce e rianimato la speranza. Un ideale abbraccio tra prigionieri di un solo potere. Aveva ritrovato la voglia di combattere, quella voglia mortificata da sindacati ambigui.

Poi da Torino si è abbattuta la scure. Per l’Amministratore Delegato Marchionne: “O i 316 accettano lo spostamento a Nola o chiudiamo Pomigliano.” Strategia o ricatto? Franco cammina spaesato. Il fuoco nelle viscere. Un giornale per terra. Un titolo a tutta pagina rapisce il suo sguardo. Lo raccoglie e legge: “Fiat, un trimestre da record. Vola il titolo in borsa.”

Ma per chi lavoro io? È uno sconfitto. Vittima di un sistema malato.